“Monsters Are Easy To Draw”: due parole sull’album d’esordio dei Walking The Cow

Walking the cow: un nome che rimanda direttamente a Daniel Johnston, con tutta la malinconica lunaticità della sua bizzarra idea musica, nume tutelare che non manca di proiettare la sua ombra su questo intero primo lp della band fiorentina, composta da Michelle Davis, Paolo Moretti, Bardus, Nico Volvox e Martino Lega, cinque musicisti provenienti dalle più svariate esperienze che si presentano a noi con questo Monsters Are Easy To Draw, in uscita domani per White Birch Records (che ha già prodotto e distribuito i My Violent Ego con One Day You’ll Laugh At The Sad Saga That Was e i Ka Mate Ka Ora col recente Horst Tappert EP, del quale avete letto il mese scorso anche su queste pagine). Lavoro evocativo fin dall’artwork, e dalle prime note: Summer Dress accompagna ad una solida sezione ritmica una linea melodica che si stampa nella mente per restarci, mettendo in luce una delle caratteristiche che più determinano il suono della band e l’ambiente musicale creato da questo Monsters Are Easy To Draw, cioè una coinvolgente ed elegante ricchezza timbrica, garantita dall’uso di una strumentazione estremamente ampia e particolare. In questo primo brano si respira un’atmosfera quasi bucolica, che sfocia nel suddetto ritornello trascinante: una scheggia di pop sghembo, affascinante quanto complessa nel suo arrangiamento e nella sua struttura, perché una delle grandi abilità dei Walking The Cow sembra essere proprio quella di far apparire semplice ciò che semplice non è affatto. A seguire, Ducks & Drakes conferma queste prime impressioni, rallentando un po’ il tempo: su una tessitura musicale molto ben tornita si adagiano, ancora una volta, linee melodiche vocali molto azzeccate per quello che probabilmente rappresenta uno dei momenti migliori dell’album, nel quale le chitarre si intrecciano agli arpeggi che attraversano l’intero brano duettando coi crescendo della batteria; River P. si apre con un intreccio di arpeggi che sarà presto dominato da un suono di organo, e che rivela un qualche debito con la world music, se non altro nella scelta strumentale. Rorschach hands comincia come il classico pezzo folk per chitarra, basso, batteria e un pizzico d’organo per disperdersi poi nel ritornello e principalmente nelle sezioni strumentali in divagazioni cinematografiche, quasi fosse un’ideale soundtrack per un road movie ambientato nel deserto. Movin’ Things si appoggia su scelte ritmiche inconsuete, e cresce con incedere zoppicante fino ad un ritornello di grande dolcezza per chiudersi su una sezione strumentale ovattata, avvolta nei riverberi, nella quale una chitarrina sgangherata drappeggia note sparse delle tastiere e rullate della batteria. La titletrack Monsters Are Easy To Draw inizia con qualcosa di ambient, ma alle note delle tastiere si aggiungono pochi sparsi ricami di chitarra e infine una batteria sincopata: alla voce troviamo Paolo Moretti, che dà il cambio alla fin qui inappuntabile Michelle Davis, autrice anche di tutti i testi eccezion fatta per quello di questo brano e della successiva Sweetheart, opera appunto di Moretti, che non a casa si cala alla perfezione nell’interpretazione vocale di questo brano dall’andamento diseguale. Con Jesus (Buy Some Porn) si apre idealmente la seconda parte del lavoro, e sembra di ritornare alle atmosfere dell’iniziale Summer Dress: intrecci di linee vocali si sovrappongono ad un lieve arpeggio di chitarra che va crescendo in intensità e convinzione col passare dei secondi per lasciare spazio ad un’inattesa sezione dalla ritmica sincopata ed elettronica, con ululati dei synth che sembrano usciti da un film di fantascienza degli anni ’50, un autentico loop dal sapore folktronico-futuribile. L’intermezzo che, a questo punto, non ti aspetti. Barry inizia lenta sul piano e lo sciabordare dei piatti, e si lascia dominare dalla voce per sgorgare, con l’ingresso delle chitarre e dei bassi, in un momento di grande emozione che sfocia a sua volta in una struttura musicale che ha molto degli anni ‘60 e del folk di autori come Neil Diamond. Nightknocking si fa forte ancora delle doti vocali di Michelle Davis, che duetta con Paolo Moretti su un tappeto sonoro discontinuo e ricco di invenzioni timbriche le quali, oltre a fare da semplici coloriture, stabiliscono un autentico mood dell’ambiente sonoro tratteggiato nel brano; Grandchildren Are Weird inizia lenta e sfilacciata, ma tutte le linee vengono ad annodarsi con l’ingresso della batteria, su cui imperversa ancora la voce di Moretti: a momenti di pieno si alternano magistralmente momenti di vuoto, sui quali ricama la voce femminile, contraltare ai bassi profondi e alla chitarra distorta dal tremolo, solo per tornare al pieno musicale sul quale la voce maschile, sempre più distorta e stratificata, completa un ottimo duetto. Chiude il disco Sweetheart, che parte avvolta in riverberi cattedratici, pulsante come un magma lento e inesorabile dal quale a poco a poco emergono note di chitarra e melodie vocali di chiara matrice folk, che si incarnano in uno slow tempo malinconico indirizzato dalla voce di Moretti verso un finale in crescendo. La bolla di magma si rompe e la musica dei Walking The Cow rientra nella “noce” dalla quale era uscita solo undici brani prima: non scelgo la noce a caso, ma a ragion veduta. Com’è possibile, infatti, compendiare questi minuti di musica in una definizione? Sembra appunto di osservare una noce, un oggetto a prima vista semplice, quotidiano, ma solcato da una grande quantità di rughe che, a distanza di sicurezza, non sarà mai possibile tratteggiare con precisione. Questo quintetto fiorentino si rivela principalmente un gruppo di ottimi musicisti, in grado di maneggiare con sicurezza e inventiva i linguaggi musicali più disparati oltre che,  banalmente, i propri strumenti: eppure, senza abbandonarsi al flusso della musica, il rischio è quello di trovare l’operazione iniziata con questo Monsters Are Easy To Draw più semplicistica di quanto in realtà essa non sia. L’aspetto pop della confezione, l’abbacinante gusto per la melodia, l’eleganza delle scelte timbriche non devono lasciar pensare ad un’opera di facile consumo: dietro la dolcezza apparentemente innocua dei drappeggi imbastiti dai musicisti, infatti, si nasconde la raffinatezza di scelte musicali a volte simpaticamente strampalate, altre volte decisamente controcorrente, in realtà mai banali e mai, davvero, innocue. Il miglior modo per nascondere una lacrima, a volte, è mascherarla dietro una sonora risata: in questo Monsters Are Easy To Draw si nasconde molto di più di quello che appare ad un primo ascolto, ed ecco perché, come tante volte mi è capitato di consigliare su questo blog, occorre un ascolto consapevole e serio per approfondire tutti i rivoli lungo cui si disperde l’idea musicale della band. Perché forse i mostri sono facili da disegnare, e tutti magari sapremmo fermare su carta alcuni dei nostri, ma assai più difficile è capirli, carpirne l’essenza, esporla con consequenzialità e sprezzo del pericolo: sia chiaro, è solo musica, ma si farebbe un torto all’ottimo lavoro d’esordio dei Walking The Cow trascurandone la ricchezza dei referenti e derubricando quest’opera al mero, disimpegnato intrattenimento.

Per ascoltare il disco in streaming, ancora per qualche giorno, cliccate qui; la band ha un sito internet ufficiale, dal quale sarà possibile acquistare copia del cd a partire da domani, un MySpace e due pagine Facebook (un gruppo e una fanpage). Per quanto riguarda White Birch Records, maggiori informazioni possono essere reperite qui e qui. Buon ascolto!!

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