"Antichrist", Lars Von Trier

Si è tanto parlato di “scandalo” a proposito di questo film e soprattutto, con sarcasmo (quello stesso che a Von Trier, sin dai tempi di The Kingdom, non è mai mancato) di film ridicolo; non sono mancate, durante la proiezione cui ho assistito (ben lontano da Cannes, sia chiaro), risatine isteriche, battutine e soprattutto disagio ed imbarazzi assortiti da parte di un pubblico che probabilmente, al sedersi in sala, si attendeva altro. Ma è davvero tutto questo scandalo, Antichrist? È davvero un film gratuito, perverso e privo di significato? Forse la domanda che è necessario porsi è diversa, diciamo ribaltata: quando un’opera è gratuita, perversa e priva di significato? Di primo acchito, risponderei “quando è priva di una coerenza interna”. Ritengo Antichrist un film assolutamente coerente, pur nell’apparente incoerenza paratattica della messa in scena. Antichrist è un film di segni, dove tutto è un’allegoria, dove tutto rimanda a qualcos’altro. Non ci sono scene, sequenze, fatti gratuiti quando quella cui assistiamo è una rigorosa rappresentazione di qualcosa (in questo caso, almeno a giudicare dalle parole dello stesso Von Trier, della psiche del suo autore, duramente provata da una lunga depressione, la riproposizione di un sogno nero, oscuro, terribile). Paradossalmente questo "rigore" dell’opera richiede, nella sua lettura ed interpretazione, una totale mancanza di rigidità: presentarsi in sala “rigidi”, per qualsivoglia motivo, equivarrà a fraintendere, a cadere nell’imbarazzo e, stavolta sì, nella gratuità del giudizio. Perché forse il punto sul quale, più di ogni altro, si sbaglia e si confonde chi tenta di ricondurre il film alle consuete categorie, risiede nel tentativo razionalista di porre tutto in relazione di causa ed effetto. Visivamente l’opera di Von Trier è indiscutibile, e l’autore danese dimostra di conoscere alla perfezione i meccanismi della sua Arte e, in soldoni, la macchina da presa; la sua rilettura di generi come l’horror o (in parte) la pornografia, generi che hanno in comune, pur con un differente grado di esposizione, la volontà di generare risposte immediate nello spettatore (per lo più, in entrambi i casi, eccitazione), è sempre personale e mai schematica; la scelta di incentrare tutta la narrazione su due soli personaggi, e la scelta dunque dei due attori protagonisti, entrambi eccezionali (per quanto fiaccati, nella versione italiana, da un doppiaggio a dir poco indecente, che rende lei melensa e lamentosa e lui serafico e spento), denota grande capacità di dirigere gli interpreti e di restituirli sullo schermo con la giusta “forza” e “presenza”; certe sequenze, realmente immaginifiche, inattese e sconvolgenti sono in grado, per la loro forza, di lasciare scossi e ammirati. Per il resto, Antichrist è come un’allucinata sequenza di quadri, l’elaborazione di un lutto e di un dolore profondissimo attraverso tre passaggi (“Pain”, “Grief” e “Despair”, ciascuno rappresentato, allegoricamente, da un differente animale che anima il bosco di Eden, vero centro dell’azione) più un prologo ed un epilogo, visivamente similari per quanto, concettualmente, di senso opposto; Antichrist è una lenta processione attraverso il senso di colpa, passando per le relazioni di coppia, il sesso e l’erotismo e, soprattutto, il significato e la presenza del Male, quella malvagità che risiede in fondo all’animo di ogni essere umano e che è “captivitas” nel senso proprio di “prigionia”, una specie di gabbia che intrappola l’uomo privandolo della sua umanità, una malvagità con la quale niente di ciò che definiremmo terribile può competere. In questo percorso, l’opera di Von Trier mostra tutta la sua forza e coerenza quando, con l’uso sapiente delle immagini e di un accompagnamento musicale prettamente d’ambiente, riesce a suggerire questo senso di malvagità, l’oscurità delle profondità dell’animo che va a braccetto con l’oscurità della foresta, l’uomo che è vittima e carnefice di se stesso al pari degli animali che si mangiano tra loro o si cibano di loro stessi, nell’automutilazione attraverso la quale, in un’orgia di follia, cercare un’estrema espiazione delle proprie colpe e dei propri peccati. Quello che Von Trier ci mostra è qualcosa che preferiremmo dimenticare, nella nostra vita cosciente, e cioè quanto piacere e dolore, amore e sopraffazione e violenza si compenetrino e rappresentino l’uno una parte differente dell’altro: non a caso è lo stesso Von Trier ad ammettere di aver trovato ispirazione, almeno nel titolo dell’opera, in quell’Anticristo di nietzscheana memoria. Non serve rigidità nell’accostarsi a quest’opera, non serve la ricerca di un’evidente necessità nei quadri che la animano: serve la capacità di leggere, nell’accostarsi paratattico dei momenti, la coerenza interna di un percorso che porta a scivolare dentro un incubo che svela, in qualche misura, chi siamo. Alcuni si sono lamentati per l’eccessiva efferatezza dell’opera, definendola “estrema”: probabilmente queste persone non hanno mai messo piede dentro un museo di arte moderna e contemporanea (basterebbero certe stanze della Tate Modern, per questo), ma nemmeno in un museo tout- court, nei quali spesso è possibile vedere cose ben più estreme, con la giusta attenzione e la capacità di rendersi conto come l’Arte debba “scuotere” chi guarda. Per questo ritengo sterili le polemiche sulle sequenze esplicite di sesso, sull’automutilazione o sulla tortura, specialmente quando provengono da gente che poi incensa film come Hostel, film nei quali, nella migliore tradizione, la violenza è sempre fine a sé stessa, e non significa alcunché se non quello che, banalmente, è. Antichrist non è opera facile da digerire, ma non lo è semplicemente perché ci mette a confronto con qualcosa di oscuro, distorto, malato, malvagio che alberga dentro di noi, dentro tutti gli esseri umani, che vorrebbero vivere sempre all’interno della consolazione della bellezza e della perfezione e finiscono sempre per sbriciolare tutto con le loro mani grandi ed inadeguate, prive di grazia: è ben più facile schernire l’opera, che affrontarla. Ma per chi vuole sperimentare un significato dell’Arte e della Bellezza più pieno e profondo, che vada oltre la mera conciliazione degli opposti, un’esperienza da provare.

Trovate qui un’interessante recensione, e qui una breve intervista rilasciata da Von Trier. Buona lettura e buona visione

9 Risposte a “"Antichrist", Lars Von Trier”

  1. E la proverò assolutamente…le mezze commedie non riempiono la vita! è un bene che un film ti abbia fatto porre delle domande..

    ely

  2. Beh, l’Arte è Arte soprattutto (oserei dire soltanto) quando ti costringe a porti delle domande… altrimenti è un semplice passatempo, ed io son portato a considerare che invece sia una cosa maledettamente seria.

    Grazie per la visita, torna quando vuoi!

    A presto

  3. Davvero complimenti. In mezzo al mare di banalità e stupidaggini che hanno accompagnato questo film, finalmente qualcuno che ne ha capito profondamente il senso. Un film importante e che non scende a compromessi.

  4. Concordo in pieno con la recensione… E’ un film alla marchese de Sade… E’ certamente irritante, a volte osceno (nel senso etimologico del termine), a volte si compiace del sangue… Ma c’è una coerenze speculativa alla base che lo rende organico, vivo, una vera e propria opera d’arte…

  5. Grazie, con i tuoi commenti mi hai fatto apprezzare ancora di più il film. Voglio rivederlo presto in lingua originale perchè il doppiaggio è veramente fastidioso

  6. il film non funziona. Come aspetto formale non è niente di che e sa di gia visto. L’horror e la pornografia sono assenti e nemmeno evocati (a meno che si consideri porno quel poco di nudo ravvicinato che si vede…ma allora non si conosce bene la pornografia).

    Il problema è narrativo. Il film è noioso e non c’è cosa peggiore per un film della noia,al di là di tutte le cosiderazioni possibili. Insomma nè scioccante nè provocatorio, nè inquietante, Antichrist è un filmetto. Provaci ancora Lars

  7. Ottima recensione! Che brutta bestia il razionalismo e quanto spesso mi affligge.. è un percorso onirico, un incubo con le peggiori facce…sarà stato il volo del bambino all’inizio che mi ha colpito ma noia non è ho provata alcuna…

  8. in questo che per mille ragioni che non sto a elencare è un capolavoro, non c'è alcuna pornografia, dal momento che le scene che riguardano il sesso non sono gratuite ma perfettamente funzionali alla tematica del film.

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