December Round-Up: dal ghiaccio allo spazio nel raggio di un chiaro di luna

Come di consueto, l’ultimo Round-Up giunge in anticipo, subito prima del classico post riepilogativo dei migliori album dell’album: il mese di dicembre è stato un mese di ottima musica, e qui di seguito trovate alcune delle cose che mi hanno impressionato maggiormente.

Dopo più di un anno di assenza, speso per lo più (covid permettendo) in tour negli Stati Uniti, il 3 dicembre è uscito un nuovo singolo del buon Thundercat, Satellite, tratto dalla colonna sonora della serie TV Insecure (HBO). Per l’occasione il nostro, che si fa accompagnare da Louis Cole alla batteria e duetta alla voce con Genevieve Artadi (da notare che Cole e Artadi portano avanti da una decina d’anni un progetto in duo di jazz-funk-elettronica, ribattezzato Knower), recupera alcune atmosfere “spaziali” già ascoltate nell’ultimo disco e regala una ballad un po’ chill-out, con bassi meno frenetici ma non meno incisivi (e una bella bassline tutta in arpeggio discendente, che non se ne sente mai in giro): in generale Satellite gode di un mood disteso, etereo, e offre all’ascoltatore 4 minuti di grande classe, facendolo volare alto. Per usare i versi del buon Stephen Bruner, “If I could fly, I’d stay in the sky/ And never come down for no one or nothing/ My wings would be huge, I’d take off to space/ To play in the stars, even though they’re far”.

Lo scorso 9 dicembre ha visto la luce anche questo singolo degli American Football dei fratelli Mike e Nate Kinsella, che segue di due anni la pubblicazione dell’ultimo album della band, lo splendido LP3 (in realtà intitolato semplicemente American Football, come i due album precedenti), di cui parlavo nel Best of del 2019. Il singolo contiene due brani, l’autografo Rare Simmetry sul Lato A e una rilettura di Fade Into You dei Mazzy Star sul B, realizzata con il contributo della cantante e autrice americana Miya Folick. Rare Simmetry è un apoteosi math-indie-rock nella quale a una batteria tagliente e un arpeggio sinuoso di chitarra si sovrappone una pioggerellina di glockenspiel, il tutto spazzato via dalla tempesta perfetta (e shoegaze) del solo di chitarra elettrica. Il testo è una lunga riflessione sul dolore e sul silenzio, e proprio nell’assenza quasi totale di suono si consuma il senso drammatico contenuto nell’ultima strofa (You paint the walls of your life white/ Your pain becomes a gallery/ The hardest parts works of art). La rilettura del brano dei Mazzy Star diventa invece l’occasione per un duetto tra Kinsella e Folick, sussurrato sulle note gravi di un pianoforte appena screziate da lontani riverberi shoegaze delle chitarre, a comporre una suggestiva e malinconica ballad al rallentatore. La seconda strofa è affidata per intero alla voce di Miya Folick, con la batteria a scandire il tempo, e qui si completa la magia: gli American Football si appropriano del testo originale dei Mazzy Star e trasformano Fade into You in un brano che avreste potuto trovare in uno qualunque dei loro LP, un concentrato di rock sognante, a metà strada tra tentazioni math e sonorità più classicamente dream-pop. Nel finale il brano esplode melodicamente, avvolgendo le orecchie e il cuore degli ascoltatori: Fade Into You plasma l’originale verso il futuro, aprendolo a nuove, affascinanti interpretazioni. Niente male davvero.

Ci sono delle vibrazioni molto chill-out anche nel nuovo singolo di Jackson Dyer, realizzato stavolta col contributo di James Chatburn: batteria a diritto, basso precisissimo sul groove e tastiere a scandire questa Movement, un mix azzeccatissimo di elettronica indie (le piccole coloriture elettroniche sono sparse ovunque lungo il brano), echi folk e incedere da r’n’b molto urban, a metà strada tra Bon Iver e James Blake. Jackson Dyer è spesso protagonista di questa rubrica, e per chi mi segue è inutile aggiungere che aspetto a gloria il nuovo EP, che il ragazzo dovrebbe dare alle stampe il prossimo anno. Intanto, ascoltatevi questa!

(English version) You can find some chill-out vibrations also in the new single by Jackson Dyer, realized with the contribution of James Chatburn: straight drums, bass that sticks to the groove and sparse keyboards to mark Movement, a fascinating mix of indie electronics (small electronic interventions are scattered throughout the whole song), folk echoes and a very urban r’n’b pace, halfway between Bon Iver and James Blake. I often speak about Jackson Dyer in this column, and it is needless to say that I look forward for the new EP, which is expected to be released during 2022. Meanwhile, have a listen to this beautiful song!

Il quinto capitolo della serie antologica dei Vulf Vault riguarda il genio di Minneapolis, Cory Wong, ma a differenza degli altri vinili a tema sin qui pubblicati dai Vulfpeck, in questo caso la notizia è che l’album sarà composto completamente da tracce inedite (per i neofiti, la serie Vulf Vault si compone di una serie di raccolte delle migliori tracce pubblicate dai Vulfpeck con il decisivo contributo, sin qui, di Antwaun Stanley, album #001, Woody Goss, #002, Theo Katzman, #003 e Joe Dart, #004: la serie dovrebbe prevedere in tutto 7 album): sì, avete capito bene, un album di inediti dei Vulfpeck e di Cory Wong. Il disco sarà composto da dieci tracce, e lungo il mese di dicembre (nel quale ha luogo il crowdfunding per la stampa del vinile tramite la consueta piattaforma QRates) ne sono state presentate 4 (ovviamente in rigoroso ordine cronologico). Vi lascio qua sotto Disco De Lune, soprattutto per l’inventiva giocosa con cui frulla insieme un chiaro di luna à la Debussy e la graffiante chitarra funky di Wong, il tutto incernierato su una sezione ritmica (Dart-Katzman) che definire “in the pocket” è quasi riduttivo. Per citare il solito commento YouTube, “The people beseeched them: “Oh mighty Vulf, smite us with disco funk Debussy.” The Vulf obliged. The people rejoiced”. Nota a margine, Wong’s Café, questo il titolo del Vulf Vault dedicato al buon Cory Wong, prende il nome dal ristorante gestito proprio dai genitori del chitarrista.

Per non spostarsi troppo, bisogna dire che il buon Cory Wong è sempre attivissimo anche al di là della casa-madre Vulfpeck: è del 23 dicembre la pubblicazione online dell’assurdo live Wong On Ice, dove Wong e i suoi Wongnotes, in quella che viene definita una “Musical & Athletic Performance”, suonano 8 brani del nostro (compreso , estratto proprio da quel Wong’s Café di cui parlavamo poc’anzi) bardati da giocatori di hockey su una bella pista da hockey. Ecco, non credo che a nessun’altra persona potesse venire in mente di mettere i suoi musicisti a pattinare in divisa da hockey e suonare allo stesso tempo: no, dico, c’è un’intera sezione di fiati in libera uscita sui pattini (gli Hornheads, ovviamente). Geniale poi l’idea di lasciare che i solisti pattinino liberamente per la pista al momento della loro esecuzione, con la camera che li segue: qui siamo anni luce avanti, ma che ve lo dico a fare… schiacciate play e lasciatevi trascinare dal funk!

Come un graditissimo regalo di natale, pubblicata lo scorso 24 dicembre, ci è giunta questa versione di Fix You dei Coldplay incisa da Jacob Collier nel 2020 per l’associazione umanitaria There With Care, che si occupa di aiutare famiglie con bambini che affrontano malattie gravi. Al di là dell’evidente importanza della causa, per restare sulla musica basti dire che questa rilettura di Fix You è letteralmente abbacinante: una ballad piano-voce lungo la quale il buon Jacob snocciola sostituzioni armoniche che fanno del brano di Chris Martin e soci un qualcosa di molto vicino al jazz e che, credo, rende ancora più giustizia alla bellezza cristallina della melodia originale. Mi sembra che questa meraviglia sia il modo più giusto per chiudere il 2021, in attesa del prossimo Round-Up.

L’appuntamento è per domani con il consueto Best Of di questo 2021!

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