Fantastiche e policrome visioni: What Kinda Music (Tom Misch & Yussef Dayes, 2020)

Questo album è quello che succede quando prendi due musicisti incredibilmente talentuosi e lasci che si confrontino, portando ciascuno la propria peculiare e irriducibile visione artistica: un’operazione ambiziosa e affascinante, che non a caso esce per la Blue Note, un’etichetta che di grande musica ha una certa esperienza. Il rischio di operazioni di questo genere, inutile nascondersi dietro un dito, è sempre quello di ridursi a uno showcase centrato unicamente sulle abilità tecniche dei suoi protagonisti. Non saprei dire se Tom Misch, chitarrista e voce soul-pop tra le più interessanti del panorama recente britannico (e non solo), e Yussef Dayes, batterista di estrazione acid-jazz, anche lui tra gli strumentisti più interessanti degli ambienti jazz londinesi, riescano qui ad aggirare completamente questo rischio: di sicuro nelle dodici tracce che costituiscono il loro primo progetto collaborativo, What Kinda Music, pubblicato lo scorso 24 aprile ma preceduto da alcuni singoli (la title-track, Lift Off, Kyiv e Nightrider) riescono a frullare tanto le atmosfere sognanti che hanno reso celebre il primo quanto gli sperimentalismi ritmici che caratterizzano le produzioni del secondo, ottenendo un risultato che ondeggia elegantemente tra tentazioni pop, calore soul e un acid-jazz sperimentale e a tratti abbastanza estremo. Bisogna dire subito che Dayes è uno strumentista di valore assoluto, con uno stile ben definito e un approccio al proprio strumento assolutamente travolgente: il suo drumming è una collezione di pause e ripartenze, sincopato e spezzettato, una continua opera di ricomposizione geometrica di frammenti percussivi che genera groove affascinanti e trascinanti; per conto suo, Misch mette in mostra uno stile chitarristico che pesca dal calore del soul fino allo space-rock, con un suono all’occorrenza grondante riverberi e delay. Di fatto, Dayes e Misch sono due musicisti perfettamente complementari: tanto sincopato e geometrico il drumming del primo, quanto atmosferica eppure puntuale la chitarra del secondo. L’unione di queste musicalità genera un album che, come già detto, resta in costante bilico tra atmosfere sognanti e sperimentalismi spericolati: la title-track, What kinda music, inaugura la parte più dreamy dell’album, un arpeggio sognante della chitarra cui si unisce Dayes, che accorda la batteria prima di innescare il groove asciutto e trascinante che accompagna il brano, piccola gemma di immediatezza melodica e pop. Festival, brano profondamente atmosferico su cui si abbatte come un uragano il drumming di Dayes, prosegue nel solco tracciato dall’opening: la voce allarga gli spazi sonori, deformata da echi e riverberi, e sembra persino di sentir riecheggiare qua e là qualche passaggio dei Radiohead più eterei. Dal punto di vista armonico, le strutture di questi primi brani sono piuttosto canoniche, appoggiate su strofe e ritornelli riconoscibili, e le ritmiche imbastite da Dayes occupano una posizione preminente ma assolutamente al servizio dello sviluppo dei pezzi. Le atmosfere crepuscolari di Nightrider, seducente down-beat scandito da Dayes e dalla notevole linea di basso di Tom Driessler, con la chitarra impegnata a dipingere arpeggi variamente psichedelici, divengono lo spazio ideale per un duetto tra Misch e il rapper Freddie Gibbs: il brano, che si fregia di un substrato sonoro ricchissimo e piuttosto complicato nella sua tessitura, risulta magicamente orecchiabile e di ascolto immediato, perfetta introduzione alla vera gemma-pop dell’intera operazione, la meravigliosa Tidal wave Introdotta dalle rullate di Dayes, Tidal wave è fondamentalmente una ballad, affascinante e irregolare: la chitarra di Misch si intreccia al basso profondissimo di Rocco Palladino (buon sangue non mente…) per sfociare nello splendido ritornello, nel quale la lunghezza insolita della linea melodica restituisce l’accumulo di una tensione quasi priva di soluzione catartica. Sensational e The Real, due episodi più brevi posti al centro dell’album, lambiscono regioni psichedeliche: in questi brani cominciano a sciogliersi le briglie di Dayes, e anche le strutture dei pezzi da qui in poi sembrano mutare, evolvendo verso una forma più libera, che gravita maggiormente in orbita acid-jazz piuttosto che nei dintorni del pop-soul di cui Misch è maestro. Lift off, brano in cui l’arpeggio di basso di Rocco Palladino la fa da padrone, segnala questo cambio di mood: le atmosfere sognanti lasciano spazio a un funk trattenuto, episodio lungo il quale Dayes inizia un dialogo frastagliato e ambizioso con le screziature chitarristiche di Misch, con esplosioni improvvise che rammentano una sorta di jam session sempre sul punto di perdere il controllo. A Lift off segue la costruzione vagamente tropicalista (sia nel riff di Misch che nelle rullate vibranti di Dayes) di I did it for you, che si segnala anche per una linea di basso particolarmente efficace, e poi l’up-tempo Last 100, che torna a lambire territori pop; su Kyiv si ascolta ancora il basso di Rocco Palladino, pulsazione sotterranea che anima uno strumentale fatto di spezzati di batteria su cui Misch pennella atmosfere e brandelli melodici che da Pat Metheny giungono fino a una specie di vertiginoso, psichedelico space-jazz; quando Kyiv rallenta fino a spegnersi si accende Julie Mangos, scandita da una clave tropicaleggiante che lascia spazio a un beat più classico su cui Dayes e Misch possono tornare a confrontarsi in un altro intenso duetto, fino a un finale in cui l’interplay tra basso, batteria e chitarra si fa magnifico e quasi straniante; chiude Storm before the calm, jazz oscillante tra la batteria filtrata di Dayes e il sax di Kaidi Akinnibi, adagiati sul delicato moto ondoso di pochi accordi di piano.
What kinda music è di fatto un piccolo caleidoscopio di atmosfere, generi, tentazioni: un’avvolgente policromia di stili, una fuga in avanti compiuta da due talenti musicali indiscutibili, una raccolta di episodi in precario equilibrio tra l’eleganza compositiva e l’impulsività dell’improvvisazione più furibonda. Come per tutte le opere baciate da una bellezza che seduce e sa bruciare, questo equilibrio precario è anche feroce, estremo, complesso, e richiede tutta l’attenzione di chi ascolta, e forse anche un briciolo di più: il suono di What kinda music è un suono ferocemente contemporaneo, ma di una contemporaneità lontana anni luce dalle piccolezze di una scena musicale interessata unicamente agli atteggiamenti, a tutto ciò che è contorno. What kinda music è soprattutto un profondissimo atto d’amore per le potenzialità della musica ridotta alla propria essenza, un ritorno alle cose semplici e più importanti (per così dire, back to basics): il puro suono, il timbro, la melodia, armonia e ritmo, un affresco che abbraccia tanto i panorami sognanti quanto le asprezze sperimentali e le irregolarità sonore. In definitiva, una collezione di splendidi pezzi (con qualche episodio parecchio sopra la media) e una scommessa vinta a mani basse.


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