"Hanno Ucciso Ulrike Meinhof", Lev

I Lev vengono da Napoli, e ho scelto di parlarvene in quanto ritengo siano una realtà interessante del panorama (sinceramente) alternativo italiano. Quello che mi ha immediatamente colpito è la modalità di distribuzione di questo lavoro, intitolato Hanno ucciso Ulrike Meinhof (se non conoscete la storia evocata dal titolo, fatevi un giretto in rete), che chiunque può liberamente scaricare dal sito della band, e diffondere con ogni mezzo a disposizione, oltreché, più canonicamente, comprare: mi ha colpito perché è un gesto importante, che se in una band affermata può essere facilmente derubricato a strategia commerciale per conquistare il popolo della rete, in una band ancora emergente non può che riferirsi, come in questo caso effettivamente avviene, alla volontà di “condividere” veramente la Cultura con gli altri, secondo modalità che non siano ingabbiate in partenza dalle logiche del “possesso” e del “mercato”, ma in qualche modo “dal basso”, sostenendo una reale circolazione dell’Arte e della Cultura, cosa che a mio avviso non si può che ritenere auspicabile nel triste e desolato panorama culturale di questo nostro paese (come loro stessi recitano nel libretto che accompagna il cd, "[I Lev] sono convinti che la musica abbia una genesi sociale, che sia il risultato di un insieme di relazioni collettive e che debba essere considerata un’opportunità per condividere un modo di sentire, non un mezzo per "arrivare" al successo o fare profitti"). Se non altro, i Lev cercano di dare una bella scossa. Hanno ucciso Ulrike Meinhof, il loro album, è storia praticamente divisa a metà, incentrata sull’esterno che fa irruzione nell’interno (e non è un caso che il movimento suggerito nell’album conduca dall’esordio di Dall’esterno al momento di mezzo, che taglia in due il discorso musicale, rappresentato dal brano Dall’interno), proponendo dunque sin dall’idea di partenza una riflessione di fatto "politica" nel senso più nobile del termine. I brani scorrono tra asprezze punk in odore di CCCP, spesso con suoni e coloriture noise molto interessanti sulle chitarre, e cambi di ritmo, pause, momenti di vuoto alternati a momenti di pieno: da questo punto di vista, proprio Dall’esterno, che apre il lavoro, può essere considerato una “summa” di questa modalità compositiva. Una nuova militanza prosegue musicalmente su questa linea, alternando cambi di tempo e di passo a vere e proprie variazioni armoniche colorate nel loro dipanarsi da quei suoni particolari delle chitarre di cui già dicevo, e così accade con la successiva Questo è il frutto: ma qui è necessario fermarsi e sottolineare come un altro momento importante dell’esperienza di questo disco sia l’orizzonte concettuale aperto dai testi, votati ad un impegno politico e sociale che definire desueto nel panorama musicale odierno costituirebbe un mero eufemismo. I testi dei Lev sono un continuo invito a rifiutare l’omologazione e l’omogeneizzazione di massa, ad uscire da un certo conformismo che a più livelli ammorba le nostre vite, senza sottrarsi allo scontro col reale che porta necessariamente a sporcarsi le mani. Una dimensione concettuale importante, e che spesso oggi è accantonata per promuovere sentimenti e emozioni paradossalmente “spersonalizzanti”, quando tutto ciò che servirebbe è una mera “Espressione di vitalità”, per dirla un po’ con Pasolini anche una “disperata vitalità”. L’interesse del gruppo per tematiche politiche e sociali anche complesse torna anche in Bombe su Kabul, un brano costruito sull’alternanza di parti parlate e parti melodiche, che condanna duramente il vuoto lasciato da “guerre preventive” le cui reali motivazioni sfuggono o cadono sempre più spesso nel nulla del potere e del denaro: qui è soprattutto il grande valore del testo a rapire l’attenzione dell’ascoltatore, tanto da esser valso alla band la pubblicazione sul sito Canzoni Contro la Guerra, in mezzo a nomi tutt’altro che di secondo livello. Assolutamente da ascoltare. La critica non si allenta per un attimo nemmeno in un pezzo battagliero già dal titolo, Macellai, sullo sfondo di un interessante e disorientante lavoro di chitarre e con una bella linea melodica della voce. Un’introduzione percussiva presto sorretta da arpeggi di chitarra ci accompagna nel lato per così dire “intimista” del disco, quello aperto da Dall’interno: le sonorità si fanno meno spigolose, pur senza rinunciare al lavoro sui timbri già ravvisato nella prima parte, e i testi più immaginifici, meno diretti, per quanto ancora capaci di colpire. Casa continua su questa linea, pur col ricorso ad una ritmica a tratti più serrata, e In Agosto sottolinea la necessità, appunto, di quello “sporcarsi le mani col mondo” che non può mancare in una dimensione di vera critica e di vero impegno (“In agosto non fa testo contemplare l’universo”). Piccole cose è costruita su una ritmica maggiormente brillante, così come La vita è un buco nero, attestazione a metà strada tra la filastrocca divertita e la denuncia; ne nasce un chiaro e inesorabile bisogno di nuova “complicità”, quella cantata in Ceci (“M’hanno generato confinato dentro un quadro di Mirò/ Che cosa non darei per poter dirti/ Che io non mi stancherò di noi…”), e chiude le danze un nuovo invito all’azione, contenuto in La prima cosa che farò, a sottolineare il bisogno di dare un senso a ciò che appare vuoto, per non rassegnarsi all’indifferenza di tutto (“Se sapessi soddisfarmi non sarei qui ad imbracciar le armi/ Dare un peso a questi anni, è questa qua/ La prima cosa che… immediatamente…/ Da lunedì comincerò!”). Un invito a combattere l’indifferenza, un invito che non deve cadere nel vuoto, una bella scossa, come già detto: un’esperienza musicale e umana dalla quale magari in molti potrebbero avere qualcosa da imparare, perchè per migliorare questo mondo nel quale viviamo (che al di là del benessere diffuso è probabilmente il peggiore dei mondi possibili) bisogna rimboccarsi le maniche e metterci la faccia tutti quanti, con coraggio, dignità e anche, perchè no, con un pizzico di paura, perchè la sfida che ci attende è grande forse più di noi, ma non possiamo esimerci dall’affrontarla.
Un buon inizio può essere ascoltare questo album.

Approfondimenti: i Lev sostengono il colletivo Get Up Kids!, e credono nella libera circolazione della cultura. Per questa ragione il loro album è disponibile per il download gratuito direttamente sul sito ufficiale della band, che invita tra l’altro l’ascoltatore a diffondere liberamente Hanno Ucciso Ulrike Meinhof con qualsiasi mezzo a disposizione (dal passaparola al masterizzatore, per intendersi). Dunque, scaricate, ascoltate, diffondete. Per i cultori del cd inteso in senso più canonico, comunque, l’album si può anche comprare: le informazioni sono tutte sul sito testè indicato. Buon ascolto!

Una risposta a “"Hanno Ucciso Ulrike Meinhof", Lev”

  1. Non conoscevo questo gruppo. L’idea proposta mi sembra brillante. Il post è articolato, ben costruito ed è oltremodo informativo.

    Ciao e ancora grazie.

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