Jenny's Joke, "The Ninth Scene"

Nel 2004 collaboravo con un sito amatoriale dedicato alla musica rock, Rocknet.tv, un’esperienza purtroppo esauritasi troppo presto e non proprio per nostro demerito o colpa. Fatto sta che, in occasione di un contest per band emergenti che il sito organizzò nel suo ultimo periodo di attività, mi capitò in mano il cd omonimo di una band del cremonese, i Jenny’s Joke. Ricordo che mi piacque molto, al punto che una delle mie tre preferenze per il contest andarono a questa band. Lo so che la mia vita non è un argomento molto interessante, ma questa è una recensione un po’ sui generis (soprattutto perché giunge in mostruoso ritardo sul momento d’uscita del lavoro) e, fatto da non trascurare, mi piaceva l’idea di riallacciarmi alle parole che scrissi ormai quattro anni fa. Chi fosse interessato può recuperare il mio intervento sul sito ufficiale della band, nella sezione “Review” (per i link, vedere in fondo). Il succo, però, era questo: una band originale e che non avrebbe potuto che migliorare. Così è stato davvero bello, più di tre anni dopo, ricevere il successore di quel demo, The Ninth Scene (originariamente pubblicato nel 2005), ascoltarlo e scoprire di aver riposto bene le proprie speranze. The Ninth Scene è quello che speravo di ascoltare, un lavoro che non intacca affatto quanto di bello la band aveva messo in mostra con la prima uscita ma arricchisce di significato (e di suono, e di eleganza) anche tracce che, nel mio piccolo e nella mia cameretta, avevo imparato a conoscere, amare, persino canticchiare, integrandole con nuovi brani davvero molto riusciti. La confezione richiama il colore del precedente disco, tutto è giocato sulle tonalità del rosso e del rosa: ma la scena rappresentata gela il sangue. Un uomo, stilizzato, cammina su una corda; sotto la corda, il precipizio, e squali affamati. Un altro uomo, con un paio di forbici in mano, sta per tagliare quella stessa corda. È la “nona scena” di una tragedia in dieci atti, quanti sono i pezzi, narrata passaggio per passaggio all’interno del libretto e restituita dagli “episodi sonori”, cioè le canzoni vere e proprie: un supporto grafico e concettuale molto curato e che ben dispone l’ascoltatore fin dall’inizio, introducendolo nel contempo nella logica di una sorta di “colonna sonora” di una storia in dieci scene. Il disco si apre con l’ipnotica The Trip Song, carica di effetti e con chitarre in bella evidenza nella seconda parte, un pezzo che fa da ideale introduzione per una delle canzoni più belle contenute anche nel demo omonimo di debutto, A Pig In The Rain, qui restituita in una nuova versione che guadagna anche più “tensione” rispetto alla precedente. Ma la sorpresa è la successiva Talking About Her Ghost, anche questa canzone già conosciuta ma qui resa con una forza ed un impatto emotivo davvero sconvolgenti, in uno dei momenti forse più coinvolgenti dell’intero lavoro: piano, violini, una batteria minimale, ingredienti semplici che miscelati nelle dosi giuste restituiscono un piccolo capolavoro. Si prosegue con Girls With Black Hair, fatta di pause ed accelerazioni e con un bell’assolo di chitarra, e si giunge a metà del disco con quello che era forse il pezzo più riuscito anche del precedente demo, The Gift, il cui romanticismo di fondo si sposa ora con un tessuto sonoro curatissimo e molto più “pulito” rispetto alla vecchia versione: un riff già bellissimo arricchito da archi in sottofondo e che, in generale, si giova della miglior qualità di registrazione, che fa uscire un suono bello, delicato anche nelle impennate veloci, elegante. Un episodio che, anche da solo, vale la pena. The First Song Of The Year segna un’impennata del ritmo, con chitarre ancora più energiche ed una batteria precisa e potente su cui si innestano ancora i violini: la voce, filtrata, completa il quadro, con un finale in crescendo sul quale in evidenza troviamo un interessante assolo rumorista di chitarra e le bordate della batteria. Sea Horse inizia carica di effetti, che lasciano presto spazio ad una chitarra acustica che cadenza l’intero brano: suoni futuribili che si sovrappongono agli arpeggi e un lieve riverbero sulla voce fanno il resto, fino all’ingresso di una bellissima batteria e di una chitarra elettrica che fende il brano con un lungo tema melodico distorto che conduce al finale, di nuovo carico degli effetti iniziali. Un episodio molto bello. La successiva Red è basata su un accattivante linea di basso e relativi arpeggi di chitarra, con batteria che detta i tempi e, soprattutto, le pause, fondamentali allo sviluppo del brano. È poi il momento della nona scena, The Ninth Scene: con un brivido, un rumore di forbici che tagliano ci riporta alla cover, e possiamo solo immaginare il povero ometto cadere nelle fauci degli squali, ipotesi confermata dalla pagina del libretto relativo alla decima scena, la lunga Revolver. L’usuale malinconia di fondo che avevo sempre un po’ ravvisato nella musica di questa band lascia il posto ad un momento realmente doloroso, quasi come il cuore spezzato che si vede nel libretto, giunti alla decima scena. Musicalmente, in Revolver hanno un forte peso le chitarre, ovviamente distorte, che dominano letteralmente il brano, costituendo un ottimo sottofondo per il cantato, realmente straziante. La componente chitarristica domina anche il finale, che si stempera in effetti e nel recupero dell’arpeggio iniziale. Chiosa migliore non si poteva immaginare per questo ottimo lavoro.
Ora, capirete da soli come, a quattro anni di distanza dal mio primo incontro coi Jenny’s Joke, non possa che dirmi soddisfatto: senza rinunciare ad un briciolo della propria originale visione, questi ragazzi hanno saputo migliorarsi, crescere e produrre un lavoro davvero di altissimo livello. Visto il pattume musicale al quale siamo sempre più rassegnati, queste sono vere e proprie boccate d’aria fresca. A questo punto aspetto il prossimo lavoro, che, apprendo dal loro sito, dovrebbe esser pronto per l’inizio del 2009. So già che non sarò deluso.

Approfondimenti: vi invito a visitare il sito ufficiale della band, per maggiori informazioni sul disco in questione e su tutte le altre attività del gruppo, e la pagina myspace, nella quale potrete ascoltare in streaming (tramite l’apposito lettore) quattro brani estratti da The Ninth Scene, ovvero The Gift, Talking About Her Ghost, Sea Horse e Girls With Black Hair. Buona visione, buona lettura e buon ascolto!!

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