L’universo in espansione di Cory Wong: The Striped Album (2020)

Cory Wong l’ha fatto ancora, e con The Striped Album (titolo a metà stra tra il citazionismo dei vari White e Black Album, di cui abbonda la storia della musica, e l’autoreferenzialità legata alla tipica maglietta a strisce indossata dal nostro, la sua “divisa” da palco) ha licenziato, lo scorso 27 Ottobre, il nono album di questo paradossale 2020. Dopo due lavori “speculari” fin dalla grafica (Motivational music for the syncopated soul, uscito ad agosto del 2019, ed Elevator Music for an elevated Mood, primo prodotto di questo 2020, pubblicato il 10 Gennaio e di cui parlavamo qua), un’incursione nel jazz atmosferico in compagnia di (Meditation, ne scrivevo qui), una nella musica folk/acustica (lo splendido doppio lavoro Trail Songs: Dusk e Trail Songs (Dawn), pubblicato in due puntate durante l’estate e recensito qui) e ben 4 live album, l’ultimo arrivato in casa Wong rappresenta un ritorno al funk, caratterizzato da ritmiche serratissime, riff di chitarra taglienti e un nuovo, larghissimo spazio concesso a chiassose sezioni di fiati (chissà, magari in questo memore della recente esperienza del primo LP dei The Fearless Flyers, di cui Cory Wong è un ingranaggio fondamentale). E The Striped Album è anche, ovviamente, un calderone delle mille ossessioni musicali del suo autore, un cantiere aperto a infinite (e gustose) collaborazioni, che vedono il ritorno di Phoebe Katis, ma anche l’ingresso di artisti dai background più disparati (da Kimbra, che mette la voce nel primo singolo estratto, Design, a Joe Satriani, che duetta gigioneggiando insieme a Wong su Massive, da David T. Walker ai già citati Hornheads, ensamble di fiati jazz-funk che sconquassa tutte le 10 tracce del lavoro, fino alla chitarra inconfondibile di Tom Misch): in buona sostanza 10 brani che non lasciano tregua, una macchina-funk lanciata a pieno regime (e da ascoltare rigorosamente a pieno volume). The Striped Album si apre col funk contemporaneo dell’irresistibile Design, governata dalla vocalità impeccabile di Kimbra (anche in veste di coautrice), seducente fil rouge tra i mille strati di chitarre e fiati che compongono una tavolozza complessa e affascinante; c’è il funk horn-oriented di Click Bait, primo di una serie di strumentali che assolutamente niente hanno da invidiare ai brani cantati, e il riff trascinante di Lilypad, letteralmente scolpita dallo strumming infallibile di Wong, un autentico monumento ad un certo modo di intendere l’ondivaga oscillazione tra chitarra ritmica e chitarra solista, quel moto perpetuo che più di ogni altra caratteristica stilistica definisce il Wong chitarrista. Gli andirivieni di Lilypad accompagnano verso la disco-funk tiratissima di Synchronicity, dove ritorna la voce eterea di Phoebe Katis e Wong si cimenta anche al basso elettrico, con tanto di piccolo fraseggio di basso solo verso la fine del brano (ti viene da chiederti se ci sia qualcosa che il buon Cory non sappia fare…). Chiude la prima cinquina Smooth Move, brano dalle atmosfere decisamente più rilassate e quasi chill out, scritto a quattro mani da Wong con Tom Misch, inconfondibile protagonista di questo autentico dialogo tra fraseggi chitarristici, a fianco della sua chitarra piena di effetti (impossibile non ripensare allo splendido What Kinda Music): una specie di space-funk dilatato ed etereo, cadenzato da un cantato senza parole, puro suono. Se Smooth Move stempera i ritmi in una digressione carica di fraseggi poetici e riflessivi, Ellie (brano dedicato alla figlia di Wong e già ascoltato live nell’esibizione con la Metropole Orkest, pubblicata su disco lo scorso aprile) inaugura la seconda metà dell’album con un’irresistibile e delicata orchestrazione di fiati e pianoforte adagiata sullo shuffle incalzante di Petar Janjic: una ballad multiforme, segnata anche da uno splendido solo di basso suonato da Seth Tackaberry, ancora incastrato sulle ritmiche sincopate della batteria, e probabilmente uno dei vertici compositivi dell’intero lavoro (nonché il brano più lungo, articolato e ambizioso del lotto). Ellie, nel corso dei suoi sei minuti e mezzo, dipinge un affresco soul, screziato delle coloriture jazzistiche offerte dai fiati, ma al tempo stesso è una luminosa scheggia pop, e però di un pop sofisticato, orchestrale, profondissimo, fatto di pieni e vuoti, sospensioni e accelerazioni, ora ricco di un groove trascinante e ora musica da camera, come nel suo finale romantico e quasi clair de lune, tutto suonato al piano (opera del magistrale Kevin Gastonguay). The Pinky Harp, che si trova nella posizione scomoda di seguire il picco di Ellie, torna a grondare un groove denso e contagioso, che si giova del contributo alla chitarra di David T. Walker e dei fraseggi quasi motown dei fiati; e sul solidissimo funk di Massive, accompagnato dal solito cesello ritmico di Wong, si librano i virtuosismi distorti di Joe Satriani, folate violentissime di chitarre distorte che graffiano le ritmiche solide governate da Michael Bland dietro le pelli e dal basso slappato da Sonny Thompson: incredibile quanto due mondi apparentemente così distanti possano sposarsi senza traumi e anzi lasciare intravedere uno spettro di possibilità davvero affascinanti. Su Livin’ it Up le ritmiche funk incocciano contro la vocalità R’n’B e hip-hop di Mr. Talkbox, voce filtrata e pulsazioni minimali di basso e batteria elettronica (programmata dall’immortale Michael Bland) incorniciate dagli svolazzi degli Hornheads. A tirare le somme arriva The Boardwalk, episodio strumentale che sembra in qualche modo ripartire da un riff tipicamente à la Wong e che chiude il lavoro con un tono di ottimistica leggerezza, altro marchio di fabbrica del chitarrista di Minneapolis.
A dispetto della debordante prolificità, che potrebbe spingere qualcuno a mettere in dubbio la qualità di queste uscite in serie, Wong ha intavolato in questo 2020 un percorso autenticamente in crescendo, fatto di episodi che stanno tutti ben sopra l’asticella dell’eccellenza; e l’artista e compositore di Minneapolis sembra aver lasciato il meglio per la fine, perché
The Striped Album sublima di fatto un anno di ricerca, lavoro di composizione e produzione, ed è destinato a restare negli annali come (probabilmente) il miglior album realizzato da Wong (beh, almeno fino a questo momento), identificandosi con un autentico vertice di maturità creativa. C’è tutto: l’ambizione (e sono ambiziose tracce complesse come Ellie, insolite come Livin’ it Up, magicamente sospese come mooth Move o anche semplicemente stratificate e profondamente interconnesse come Design), la ricchezza dei toni e il calore dell’esecuzione (e la perizia tecnica, sempre innegabile), l’intuizione che fa di elementi apparentemente semplici delle fondamenta geniali su cui costruire partiture e composizioni affascinanti, poliedriche e sfaccettate, non ultima la disciplina (perché senza solide fondamenta non si erige alcun edificio, è sempre bene ricordarlo). The Striped Album è un ibrido in evoluzione, granitico nelle sue solide sonorità urban-funk eppure incredibilmente fluido nelle sue infinite stratificazioni, frutto di un lavoro di cesello in fase di produzione che, seppure costante nella produzione di Wong, raggiunge qui anch’esso il proprio vertice: una macchina perfetta, mossa dal motore ritmico del suo autore che si sposa ora con un vocalizzo di Kimbra, ora con un grappolo di note suonate da Misch, e che letteralmente respira, cambia, muta, si evolve durante l’ascolto. The Striped Album si può vedere come un lavoro profondamente contemporaneo, per quanto sia innegabile come affondi le proprie radici in un universo musicale che viene da lontano: sono contemporanee le sue atmosfere, è pienamente contemporaneo il colore dei suoi episodi, la sua solidità ritmica, e sono contemporanei anche gli svolazzi e le coloriture armoniche, la ricerca melodica, l’afflato sentimentale (che non manca mai), perfino le sue bizzarie (e se ne incontrano numerose, specialmente dal punto di vista timbrico, lungo questi 10 episodi). Eppure, allo stesso tempo, The Striped Album appare come un esercizio che disegna e re-immagina il futuro, che si allunga verso il futuro: prendete una ballad orchestrale come Ellie, un florilegio di stanze sonore che compongonono un quadro di insolita potenza evocativa. Ellie è senz’altro un brano che, dal punto di vista concettuale, poteva stare in tanti altri dischi ma invece sta qui, con tutta la sua brillante potenza cinematica, e ci sta senza suonare stonato, fuori posto o che altro, pur essendo innegabilmente diverso da tutto ciò che lo circonda, forse appunto un pezzetto di futuro precipitato dentro il presente, un “potrebbe essere” che comincia a mostrarsi, magari a tramutarsi, presto, in un “sarà”. La vera maestria di Cory Wong, alla fine, risiede tutta qui: saper incastrare ogni tassello al suo posto, componendo un caleidoscopio di suggestioni (che vanno anche ben oltre l’aspetto puramente musicale, il qui e ora). Banale? Può darsi, ma non facile. A meno che la tua mano non sia guidata da una grazia che bacia per lo più i grandissimi, una schiera della quale Wong fa parte a pieno titolo, e The Striped Album sta qui a dimostrarlo. “All is a procession/ The universe is a procession with measured and perfect motion”, scriveva Walt Whitman: ecco, mi piace immaginare The Striped Album come un universo in espansione, che si muove di un moto perfetto e misurato, che contiene moltitudini (consentitemi questo cross-over tra poesie), che porta in sé un barbarico yawp, e che infine resta lì ad attenderci, da qualche parte e in qualche tempo, nel futuro.

when my daughter was a few weeks old, it was December and we were walking around the city for the ‘Holidazzle’ parade. we were watching all of the bright lights and people dressed up as huge Chrismas lights and ornaments….a light snow and not the typical bitter Minnesota cold.
a perfect night to be out.
we went out to enjoy the holiday spirit, and so did seemingly everybody in the city. It was a joyful chaos….people all around with their families, hot cocoa, bells, and whatnot.
Ellie was asleep in her stroller as peaceful as could be amongst the hustle of the outside world.
I kept hearing this tune as a piano lullaby where she’s so innocently sleeping, yet so much happening around her.
It was something that made me reflect on own ‘world’ as an adult; needing to find peace, comfort, and joy when there’s chaos around me.
In this tune.
The role of ‘Ellie’ is played by the Piano
The role of ‘Chaos’ is played by the Drums and String section
The role of ‘Dad’ is played by the guitar

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