Nico & The Gentless3, "I've Buried Your Shoes Down By Garden"

Raramente accade che capiti di ascoltare una manciata di canzoni letteralmente stupende, di quelle che ti riscaldano il cuore, e, dopo pochi giorni, di assistere ad un live di coloro che queste perle le hanno estratte. In questi casi è praticamente automatico che ti lasci catturare da loro, da questa combinazione, dalle canzoni e da coloro che le suonano.
A me è capitato non molto tempo fa con questi Nico & the gentless3, terzetto siciliano dotato di una qualità che non fa vendere dischi ma fa scrivere musica che colpisce l’anima: la purezza. Purezza in alcun modo da leggersi come ingenuità, ma come il risultato della piena consapevolezza della propria rara sensibilità.
Nonostante un nome che richiama alla mente i Velvet e la musa warholiana, in realtà, con lou Reed e soci, i tre siciliani non paiono aver molto a che fare, dedicandosi invece alla scrittura, in larga parte, di ballate scure, introverse ed emotive, evocative e commoventi. Un suono che richiama alla mente certa America anni novanta, intrecci di chitarre che citano il post-rock delle origini, certe ritmiche rilassate ma non rilassanti.
Si parte con Since ’98 e vengono in mente i Calla privati di quella spocchia che li ha sempre tenuti un po’ Nico & The Gentless3 livedistanti. Si tratta di uno dei brani più belli dell’intero lavoro. Umiltà ma non remissività, questa la ricetta. Come dire: la rivoluzione a mani nude. Comeback from? e Alphabet city citano i primi Karate, con quegli intrecci di chitarre ossessivi e voce a scandire, in un perfetto equilibrio di pace tormentata e rabbia trattenuta di chi sa che bisogna pur fare. Ignorando cosa. Il contrabbasso si impadronisce di On busting the sound barrier, trasposizione in musica di una poesia di Bob Dylan, e l’atmosfera si fa più rarefatta: se Dylan incrociasse i The Black Heart Procession, probabilmente, suonerebbe così. Peggy and the houses trasuda magnifica disperazione con i suoi 4 minuti trascorsi a cantare sdraiati sul pavimento, sguardo al soffitto. E’ la canzone che gli Idaho non riescono più a scrivere dai tempi del primo disco ma insomma, che importa, qualcun altro l’ha fatto. E tanto basta.
E’ davvero difficile trovare un solo momento di questo disco che non trasmetta devozione e sincerità ( a melodia esanime e senza tempo di Another ghost world).
Non c’è la voglia di stupire ad ogni costo, ma l’amore incondizionato per la propria musica. Amore che condividiamo e che speriamo possa, almeno in parte, trasparire dalle nostre parole.

(Carlo Venturini)

Per saperne di più, cliccate la pagina MySpace ufficiale dei Nico & The Gentless3, oppure questa pagina di Virb, dove potrete ascoltare ancora qualche pezzo.
 

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