"Rospo", l'album di debutto dei Quintorigo

Ho incontrato i Quintorigo da poco tempo, ma sono rimasto quasi subito colpito. Questo quintetto, infatti, offre una musica tutta particolare, finalmente una visione originale nel (a volte desolante, lasciatemelo dire) panorama musicale italiano. È un peccato che, al momento in cui, otto anni dopo l’uscita di questo disco, scrivo questa recensione, la band abbia perduto forse il suo tassello più incredibile, ovvero la fantastica voce di John De Leo. Arrivo sempre in ritardo!! Scherzi a parte, da dove cominciare con una recensione di questo cd? Probabilmente dall’inizio… e allora questo “Rospo” inizia col funky di “Kristo sì!”, testo incentrato in modo critico sulla religione e, visto come vanno le cose oggi, in territorio di scomunica: comunque un buon modo per iniziare a familiarizzare con la voce del cantante, ma soprattutto con l’incredibile potenza ritmica di un gruppo che, badate bene, non fa uso di batterie o strumenti a percussione usuali, affidandosi solo a strumenti a corda (violino, violoncello, contrabbasso) e a fiato (un sax). La grande estensione e l’incredibile versatilità della voce di John De Leo, e la grande capacità di arrangiamento del gruppo tutto, si manifestano compiutamente nel brano seguente, la titletrack “Rospo”, forse uno dei brani più famosi dell’album: presentato a Sanremo (sì, sì, avete capito bene: a Sanremo) nel 1999, valse alla band il premio della critica e il premio per il miglior arrangiamento. Ed in effetti, “Rospo” non è un brano qualsiasi. Il testo racconta la vicenda di un principe azzurro all’incontrario nel superficiale mondo dello spettacolo, disposto a tutto pur di tornare rospo, lontano anni luce dalle ridicole beghe del successo: un umanissimo desiderio di normalità e di verità. La prima cosa che si apprezza, come già detto, è la vocalità di De Leo (alcuni trilli, nel corso del brano, rimandano col pensiero al compianto Demetrio Stratos, e non si tratta di allucinazioni), ma con gli ascolti si fa largo la sensazione di avere sottomano qualcosa di straordinario anche musicalmente (con l’importante contributo de "L’Orchestra Pesante" diretta da Guido Facchini). La successiva “Nero Vivo” parte con una bella frase al sax, e permette alla band di dare sfogo ad una potentissima vena melodica, che sfocia in un ritornello che non si può non definire attraente. Trattasi inoltre di un altro singolo tratto dall’album, con tanto di video musicale. Il quarto brano in scaletta è “Zapping”, uno strumentale che riesce a restituire l’idea di un veloce zapping tra i canali della tv, appunto, ed i generi musicali, con l’alternarsi ed il susseguirsi frenetico delle idee (ritmiche e melodiche) fino alla catarsi finale. Forse uno zapping tra pattern ritmici, o un rapido saltellare qua e là tra le maggiori ispirazioni della band, classica, jazz e rock. “Sogni e Bisogni” recupera una matrice funky e soul restituendola con la ormai consueta ed assodata forza: De Leo “cavalca” vocalmente il brano come un cantante consumato (e pensare che trattasi di un autodidatta!!), alternando grida a sussurri e proponendo una voce sempre incredibilmente ricca di sfumature, e di inflessioni drammatiche. “Tradimento” ha atmosfere lente, ovattate: la voce è in bilico tra il ruglio e il cantato melodico nella strofa; il ritornello si distingue per il cantato più aggressivo di De Leo. Una forte malinconia di fondo permea l’intero brano, incentrato su un doloroso tradimento (vedi il titolo) cui non si riesce in realtà ad attribuire un vero motivo, una reale ragione. Con l’aumentare del pathos del brano, la voce si arrampica verso acuti sempre più improbi, ma resta sempre una voce elegante, potente, dilaniante, dolcemente espressiva. Il finale, carico di trilli à la Stratos, è caratterizzato da un uso “strumentale” della voce, che rincorre giocosamente le ultime note del sax, quasi doppiandolo: questi, e mille altri piccoli motivi, fanno di “Tradimento” una delle migliori tracce del disco. “Deux Heures De Soleil” è un’altra piccola gemma: inizia con una voce carica di effetti, resa spettrale, per culminare in un bel ritornello cantato metà in inglese e metà in francese: un’altra delle cifre stilistiche caratteristiche della band, che alterna spesso il cantato italiano ad uno, più “rockeggiante”, in lingua inglese. La canzone culmina in un azzeccato assolo di violino distorto, per poi distendersi su una melodicissima frase di sax prima di ripetere ancora il ritornello, stavolta arricchito da alcune sovraincisioni. L’atmosfera si fa tesa, con “Momento Morto”, ancora arricchita dalle doti vocali di De Leo, che narra su un tappeto di archi (ora “naturale”, ora caricato di effetti) la sensazione di abbandono che spesso coglie chi cerca la propria strada senza compromessi, condannandosi ad un isolamento doloroso, al sentimento di inutilità. Si fa largo, sul finale, un solo di violino in sapore di chitarra elettrica, grazie al sapiente uso dell’effetto wah- wah. Ma quello che forse lascia a bocca aperta è il brano che segue, “Heroes”, geniale cover del noto brano di David Bowie: su un minimale accompagnamento di archi puntellato dal sax, la voce di De Leo si diverte a restituire, con incredibile potenza evocativa, la ricchezza del tono di voce di Bowie, “re- interpretandola” così come l’abbiamo amata nei vari brani impressi su disco negli anni dal Duca Bianco nel corso delle sue innumerevoli “fasi creative”. Incredibile la capacità mimetica, sconvolgente quella di emozionare: un voluto omaggio che riesce però a restare intimamente una personale rilettura. In “We Want Bianchi”, ritmica dal sapore vagamente sudamericano (almeno inizialmente) e la prima batteria dell’intero disco, suonata da Roberto Gatto: le atmosfere si fanno riccamente jazz, con l’aggiunta di un interessante assolo di voce, strumento aggiunto per tutto il cd, che qui si alterna a veloci frasi del sax. Il sapore è quello della musica jazz delle grandi orchestre. Chiude l’opera una ripresa del primo brano, “Kristo sì! (vocal drum slow dub version)” nella quale è lo stesso De Leo a divertirsi a riproporre con la propria voce il suono di una drum machine: scelta assolutamente azzeccata, col sound si fa più morbido, meno spigoloso che nella precedente versione, più “disteso”.    

“Rospo” ci mette a confronto con gli inizi di un collettivo che ancora molte soddisfazioni avrebbe regalato agli appassionati di musica, dandoci nel contempo l’occasione di rivalutare qualcosa della sonnacchiosa scena musicale italiana. Peccato per la defezione, avvenuta nel 2005, di De Leo. I protagonisti di questa avventura proseguono tutt’oggi la loro personalissima ricerca, con la stessa passione e la stessa voglia di migliorarsi: De Leo ha appena pubblicato il suo primo lavoro solista, “Vago Svanendo”, ed i Quintorigo continuano a suonare con, alla voce, Luisa Cottifogli. Tutti isolati dietro il solito cordone sanitario (cit.) che già teneva a debita distanza tutta la scena sperimentale degli anni ’70 (Area in testa) e che oggi riduce al minimo le infiltrazioni sonore di questi altrimenti sicuri protagonisti della nostra scena musicale (colta o popolare che dir si voglia). Sanremo è stato solo un caso, l’affermazione commerciale, per questa band, non è mai arrivata (tra l’altro, i Quintorigo tornarono al festival nel 2001 con la divertente e spiazzante “Bentivoglio Angelina”, vincendo nuovamente il premio per il miglior arrangiamento). Peccato. Soprattutto perché lavori come “Rospo” permettono di ricredersi, come già detto, sullo stato della musica in questo paese e, se ascoltati con pazienza e amore (nessuno ha mai detto che sia musica “facile”), insegnano anche qualcosa, lasciando invariabilmente un bel ricordo dietro di sé.

8 Risposte a “"Rospo", l'album di debutto dei Quintorigo”

  1. Mmmmh, lo ammetto: li conosco poco, forse solo la ‘Bentivoglio Angelina’ per il fatto che fu un tormentone.

    Facciamo così: come regalo di Natale tu mi posti un tuo disegno (riprovaci, dai dai! ^^ ) ed io ascolto qualcosa di questa band! 🙂

  2. Va bene, prometto che ci provo… spero di non fare una figuruccia!

    E’ così tanto che non disegno… ma da domani mi ci metto d’impegno! 🙂

  3. Non metterci impegno, altrimenti viene male… Mettici solo la convinzione e la voglia di farlo! 😀

  4. Certo… tanto più che avrei provato a ricominciare comunque, visto che sono stufo di elaborare gli artwork per i cd della band partendo da foto o immagini reperite in internet!! Per la prossima demo, pensavo di rimettere mano al materiale da disegno… farò qualche studio, e te lo posterò come regalo di natale… almeno avremo qualcosa di cui sparlare!! 🙂

  5. Uaaaaa, esagerato! Tutto ‘sto tempo?? 🙂

    Per quanto riguarda me, dammene tre da sentire e poi ti dico qual è la mia preferita! ^^

  6. Uhm… prova con “Rospo”, “Nero Vivo”, “Heroes” e “Deux Heures De Soleil”… sì, lo so, sono quattro, ma secondo me ne vale la pena!!! 🙂

    Comunque, hai tempo di metabolizzarle: ti concedo tutto il tempo (come sono magnanimo!), almeno finchè non posterò qualche schizzo.

    Ciao!!! 🙂

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.