"So Far From Winter To Fall", La Calle Mojada

Lo so, lo so… è passato un pò di tempo dall’ultimo post. Mi scuso per questa lunga pausa, ma purtroppo ci sono anche altri impegni nella vita di tutti i giorni che richiedono attenzione e sforzo intellettuale. Riprendo le pubblicazioni su questo blog con la prima di una serie di recensioni che spero possano piacervi e, soprattutto, farvi riflettere, facendovi scoprire, magari, qualcosa che ancora non conoscete… Buona lettura!

Mi sono imbattuto quasi per caso nella musica dei romani La Calle Mojada e, per dire una banalità, ancora una volta le cose inattese si sono rivelate essere le più belle. Probabilmente, questo So Far From Winter To Fall è quanto di più lontano dall’estate possiate mai aver ascoltato, a meno che non si tratti di una strana estate fredda, come vista attraverso un vetro appannato, un’estate fatta di grandi e profonde distanze gonfie di echi, nelle quali ogni parola, ma si oserebbe dire persino ogni sguardo e ogni pensiero sembrano avere un lungo, infinito riverbero. Questo EP, che non posso non consigliare di procurarsi con qualsiasi mezzo, contiene una ventina di minuti di musica estremamente preziosa, ben scritta, ben suonata, ma soprattutto realmente “sentita”, avvertita come un’urgenza, e non c’è nota che non sappia di necessità, che non sembri bisognosa di un ascolto approfondito, reiterato, oserei dire quasi religioso. Un ascolto serio, come oggi non capita spesso. Sarà perché l’ho ascoltato per la prima volta in estate, ma l’atmosfera profuma, come già accennato, di un’estate gelida: la titletrack apre le danze restituendo un sound molto definito, fatto dall’incontro-scontro tra arpeggi sospesi e distorsioni potenti e cariche di riverbero che caratterizzerà l’intero disco, accompagnati da un basso “visivo”, per sfociare nella meravigliosa melodia dei fiati di Lead Star, un altro brano dal grande trasporto emotivo, che a tratti rimanda agli arrangiamenti di supporto di gruppi come i Sigur Ròs, e scusate se è poco. Evidentemente il bacino musicale (la parola “genere” mi sembra del tutto inadeguata) dal quale i La Calle Mojada attingono è quello dello shoegaze, del post- rock o di quella cosa che chiamano dream- pop (uso questo termini con grande sprezzo del pericolo, data la mia totale allergia nei confronti delle categorizzazioni), e pur tuttavia il trio romano resta in grado di rileggere e aggiornare le proprie importanti influenze in maniera del tutto personale: i saliscendi di Lead Star testimoniano questa capacità, i ricchi arrangiamenti confermano il talento di chi li ha scritti e pensati, i suoni e le melodie che ascoltiamo sono in grado di rapire l’attenzione e il cuore, come accade in Skies As Ceilings, brano dolcemente malinconico “sporcato” dai feedback riverberati delle chitarre, così smussati da produrre una vibrazione in grado di cullare piuttosto che graffi che possono, sì, far male, ma al giorno d’oggi sempre più spesso restano scossoni che bruciano per un attimo, per poi cadere nell’abitudine e nella banalità, che “ne uccide più della spada”. Resta intatta, nel corso dell’intero EP, una forte tensione drammatica: la malinconia cantata dai La Calle Mojada viene declinata in molti modi diversi, ciascuno condensato nei pochi minuti di una canzone, e così Skies As Ceilings lascia spazio all’incedere singhiozzante di Early Closing Days, batteria e chitarre in bella evidenza, quasi una minimale ripetizione di una cellula ritmica sfociante in una sorta di pausa “ambient”, fatta di suoni rarefatti, lunghi, persistenti, preludio ad una violenta esplosione di feedback che trancia le orecchie in due, per la sua forza non solo sonora, ma di nuovo emotiva. Ritornare sulla semplice melodia della chitarra è come veder spuntare un raggio di sole al termine di una giornata grigia, fatta di nuvole rapide ma continue, inesauste, che sembrano accelerare improvvisamente sulle note dell’arpeggio di Secret Bliss, splendido pezzo di chiusura carico di riverberi e distorsioni innestate tra le rullate della batteria e le note decise del basso, di nuovo con una melodia più che importante, incagliata nel sottile e labile confine tra il suono e il rumore. I La Calle Mojada ci offrono con questo So Far From Winter To Fall un’esperienza della quale dovremmo, semplicemente, ringraziare: ascoltate i fiati su Lead Star, e venite a dirmi se anche a voi corrono brividi lungo la schiena, brividi che parlano non tanto del freddo che c’è fuori, e che volenti o nolenti, che scegliamo di essere onesti o di volgere la testa e chiudere gli occhi, ci circonda tutti, ma della sensazione, che forse dura solo un attimo ma vorresti non finisse più, di sentirsi meno soli. Perché forse fuori è freddo, ma So Far From Winter To Fall ti scalda dentro quel tanto che basta per andare avanti senza perdere niente della propria umanità, che poi è l’unica direzione che valga davvero la pena di prendere.

Cliccate qui per visitare la pagina MySpace ufficiale della band, dove potrete ascoltare alcuni brani in streaming e attraverso la quale potrete mettervi in contatto con i musicisti per avere una copia dell’ep (fatelo, non ve ne pentirete). Buona lettura e buon ascolto!

2 Risposte a “"So Far From Winter To Fall", La Calle Mojada”

  1. Articolo davvero interessante e molto preciso tecnicamente! Complimenti davvero per questa e tutte le altre ottime recensioni e grazie per le utili informazioni!

  2. Grazie a te per le tue parole. Sono contento che le mie recensioni ti siano piaciute e che tu le abbia trovate utili.

    Torna a trovarmi quando vuoi, e a presto

    Demetrio

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