"The Elephant Sleeps But Still Remembers", Jack DeJohnette feat. Bill Frisell (2006)

Quasi per caso mi sono imbattuto in questo album, un lavoro estremamente particolare, frutto di una fase di studio e ricerca approfondita, che riesce a coniugare il jazz con l’elettronica più intellettuale ed ambientale, un lavoro nel quale i suoni si sposano magnificamente coi significati, nel quale niente è lasciato al caso, la riflessione profonda si affianca alla tecnica sublime e le melodie sbocciano letteralmente come tanti fiori, disseminati lungo il percorso. L’occasione di questo The Elephant Sleeps But Still Remembers, pubblicato nel 2006, giunge quando Jack DeJohnette (per chi non lo sapesse, leggendario batterista del trio standard di Keith Jarrett) e Bill Frisell si ritrovano a suonare insieme a Seattle, nel 2001: la serata viene casualmente registrata, e dopo qualche tempo DeJohnette, dopo aver riascoltato i nastri, decide di riprendere in mano quelle registrazioni arricchendole e aggiungendo qualcosa, completandole, col sostanziale aiuto di Ben Surman. Una serata di improvvisazioni in duo che diventa ben presto un album, e non un album qualunque, ma un lavoro di grandissimo spessore che sa unire tradizione ed innovazione con un occhio di riguardo (sempre) al valore “d’atmosfera” delle composizioni, una successione di quadri tratteggiati con grande precisione e slancio che narrano altrettante piccole storie, senza mai cadere nella ripetizione, né tantomeno nel virtuosismo fine a se stesso. Il manifesto perfetto del lavoro è proprio la titletrack, The Elephant Sleeps But Still Remembers, dove Frisell fa il bello ed il cattivo tempo costruendo frasi sempre più complesse eppure magicamente melodiche accompagnato dal drumming deciso di DeJohnette: quasi 12 minuti di grande musica, un jazz moderno, metropolitano, dall’andatura elefantiaca, sovraccarico di piccoli quanto gradevoli corto circuiti elettronici. Segue Cat And Mouse, un “gatto col topo” dove sono ancora le chitarre ed il banjo di Frisell a farla da padroni, in un brano che sembra quasi suggerire la rincorsa tra i due animali del titolo. Entranced Androids segna il contributo fondamentale delle manipolazioni operate da Ben Surman in cabina di regia, con un riff “robotico” che apre ad un’altra composizione lunga e quanto mai evocativa, azzeccata nel suo dispiegarsi elettronico. The Garden Of Chew-Man-Chew introduce, con tenui percussioni e un sottofondo vagamente rumorista sul quale si librano le linee di Frisell, ad Otherworldly Dervishes, ulteriore composizione lunga di carattere più marcatamente epico, ma sempre recante suggestioni moderne nei suoni e nei timbri, mai convenzionali. Otto minuti e mezzo da seguire tutti d’un fiato in un crescendo magico, sulla forza del quale pesano anche le essenziali linee di basso aggiunte in fase di postproduzione da Surman, e probabilmente uno dei pezzi migliori dell’intero album. Through The Warphole sembra una traccia rimandata al contrario, sovrapposta ad effetti di vario genere, come un viaggio: dalle cuffie entra nella testa e sembra cacciarti veramente dentro un tunnel, a velocità pazzesche. Fuori da questo tunnel ci aspetta Storm Clouds And Mist, un pezzo vagamente più classico e fortemente romantico, delicatamente appoggiato su lunghi e sognanti arpeggi di piano che sembra veramente replicare il movimento delle nubi, alternando le ombre delle nebbie alla visione di minacciose nuvole cariche di tempesta: Storm Clouds And Mist risulta perfettamente in equilibrio tra classicità ed innovazione, un momento assai evocativo, e rilfessivo. Cartune Riots conduce, attraverso una piccola orgia di rumori ed effetti elettronici, accoppiati a poche note di chitarra, ad un altro dei pezzi forti dell’album, Ode To South Africa, nel quale le percussioni e le melodie diventano davvero “nere” e per lunghi tratti sembra di vedersi precipitare nell’africa subequatoriale: Ode To South Africa è un brano carico di colore, nel quale ad una batteria “devastante” si mescolano improvvise bordate di chitarra, stemperate in linee melodiche meravigliosamente eteree e mai banali. Un brano azzeccato, tra i migliori della tracklist. C’è comunque tempo per un altro capolavoro, dopo l’interludio di One Tooth Shuffle, ed è After The Rain, ripresa del classico di Coltrane, emozionante ballad pianistica ed omaggio quanto mai doveroso: in fondo, come anche Stratos amava dire, “John Coltrane è il padre di tutti noi”. Una musica rarefatta, a tratti davvero atmosferica, un viaggio assolutamente meraviglioso in un mondo di suoni che rasenta da vicino la Bellezza con la b maiuscola. Ho scoperto questo disco quasi per caso, dicevo, grazie ad una sua recensione letta su AllAboutJAzz, e voglio chiudere confermando quanto letto a suo tempo: “Un inno alla bellezza assoluta, da ascoltare religiosamente in silenzio.

Approfondimenti: segnalo la recensione del disco su AllAboutJazz, un’intervista a DeJohnette sullo stesso sito ed infine il sito ufficiale del grande batterista…. e un consiglio, procuratevi questo album con ogni mezzo possibile, non ve ne pentirete.

6 Risposte a “"The Elephant Sleeps But Still Remembers", Jack DeJohnette feat. Bill Frisell (2006)”

  1. Interessante e bellissima recensione; non conosco questo album, e come dici giustamente, devo procurarmelo con tutti i mezzi… 🙂 Frisell è un punto di riferimento e questo ottimo post fa venire voglia di andare a riascoltarlo n po’…

    Ciao

  2. Intanto grazie per i complimenti, forse anche un tantinellino esagerati 😉

    Comunque si, ti consiglio caldamente questo disco perchè è un buon esempio di come si possa mescolare un genere ormai classico come il jazz con l’elettronica e con sonorità assolutamente moderne. E poi, è bellissimo!!

    Ciao! 🙂

  3. Dopo aver letto questa recensione, devo assolutamente
    procurarmi il cd.
    Fra l’altro Bill e Jack secondo me sono due giganti della musica
    moderna.
    Grazie per il contributo

    1. Ciao,
      assolutamente, ti consiglio di procurartelo. Grande disco!
      Grazie a te per la visita e il commento, e scusa se l’ho pubblicato con tanto ritardo.

      Demetrio

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