Una riflessione su "The Dark Knight": la tragedia del Potere

The Dark Knight (2008)È passato qualche tempo dal suo debutto nei cieli di Gotham, e come in una sala degli specchi Batman ha dato vita ad innumerevoli suoi cloni, qualche imitatore mal assortito ma soprattutto nemici di nuova generazione, in un’escalation del terrore che non può che procedere fino alle estreme conseguenze. Personalmente, ritengo che Batman Begins e questo nuovo The Dark Knight, uscito ieri nelle sale italiane, siano così strettamente legati, così organici tra di loro da impedire di fatto di parlare di uno senza chiamare in causa anche l’altro: entrambe queste opere, nella cornice fumettistica della loro ambientazione, parlano di due topoi delle nostre società costituite, ovvero la paura ed il potere. A qualcuno potrà pure sembrare un’eresia, ma mai quanto oggi il potere è esercitato attraverso la paura ed in virtù della stessa: chi è in grado di terrorizzare l’altro, possiede la chiave per renderlo schiavo. Parlare del terrorismo, in relazione a questa argomentazione, è fin troppo facile; ma, come ci insegna questo film, le monete hanno due facce, ed allora di contro potremmo nominare il Patriot Act, o ancora le misure sulla sicurezza varate dal nostro governo (anche se qui il discorso si complica, o si semplifica a seconda dei punti di vista). L’ambizione è quella del controllo totale, e non c’è modo migliore per mantenere il controllo che darne una percezione come dell’unico modo possibile di salvarsi: solo attraverso il controllo totale esercitato dall’alto saremo al sicuro, solo se rinunciamo ad un po’ della nostra libertà in cambio del comfort, solo se capiamo quanto questo sia necessario. È qui che si inserisce la lotta senza tempo tra Batman e Joker, una lotta combattuta sul filo della follia che, come lo stesso villain ci ricorda, “è un po’ come la gravità: basta una spinta”: la spinta che Batman per primo ha dato gli si ritorce contro, ed è la spinta che Joker, attraverso un sottile gioco di incastri, dà ad Harvey Dent, la nuova faccia pulita di Gotham City, procuratore distrettuale tutto d’un pezzo, idealista e vagamente in odore di populismo, il futuro luminoso della città. Può un uomo così superare il limite? In preda ad un estremo dolore può, rischiando di vanificare tutto ciò per cui ha combattuto (Dent è quello che in Italia potremmo definire un giudice anti-mafia, che ha sbattuto in galera centinaia di malavitosi) e di consegnare il potere in mano a quel Joker che trasforma la necessità in puro caos, una forma di controllo diversa, ma pur sempre una forma di forte controllo (nemmeno troppo paradossalmente). “Certi uomini vogliono solo bruciare il mondo”, ed il guaio è che troppo spesso, per fermarli, non si esita a bruciare tutta la foresta. Il terrore del Joker porta il film entro una nuova dimensione di conflitto tra pubblico e privato e, per poter fermare il suo nemico, Batman ricorre alla misura estrema, travalicando tutti i limiti, e cioè all’intercettazione di tutti i telefoni cellulari di Gotham City, trasformati in tanti piccoli sonar tascabili per triangolare la posizione del Joker: tutta la città diviene pedina inconsapevole di una lotta senza quartiere. Troppo potere per un uomo solo, ma quanti riferimenti possibili, ancora una volta, alla realtà che viviamo ogni giorno! Tanto è il potere che Batman- Wayne si trova a maneggiare da doversi appoggiare all’amico Lucius Fox che, unico, sembra in grado di esercitarlo con rettitudine. Ma ormai la follia di Joker ha concluso l’escalation: la morte di Rachel, ex-fidanzata di Wayne e promessa sposa di Harvey Dent, conduce quest’ultimo alla follia. Nella ricerca delle “gole profonde” e dei traditori all’interno della squadra del Commissario Gordon egli cerca di sublimare il proprio dolore, fino ad identificare proprio in Gordon eJoker nella sua famiglia i colpevoli da punire per la morte dell’amata: Due Facce- Dent desidera restituire a Gordon quello che ha dovuto provare, parlare con l’amata in punto di morte promettendole, sapendo di non poter mantenere la promessa, che “tutto andrà bene”. E Batman- Wayne, in tutto questo? Vacilla, rischia di venir meno alla propria cavalleresca onestà, ai proprio “principi”, e la morte di Rachel sembra assestargli il colpo di grazia. A niente serve “giocare” con Joker, cercare di imbrogliarlo, perché questi sembra essere sempre un passo avanti, nel suo intento assolutamente “non pianificato” di “bruciare il mondo”: tutti gli altri fanno piani, cercano il controllo nell’organizzazione, Joker si accontenta di esercitare il potere sugli altri sostituendo l’arbitrio alla libera scelta (come accade col frutto forse più compiuto della sua follia, Harvey Dent- Due Facce), e divenendo in tal modo imprevedibile. Continuamente mette alla prova il proprio potere, la fascinazione che ha raggiunto (si veda il caso dei traghetti, sul finire del film): attraverso il dominio della paura Batman, nel primo film, dominava e sconfiggeva il male della mafia, dei circoli segreti e dei vendicatori, delle multinazionali corrotte, e con questi stessi mezzi oggi Joker lo mette in scacco, riservandosi sempre un ultimo “asso nella manica”. Questo “asso” consiste nel gettare discredito su Harvey Dent, l’unica figura ancora capace di portare speranza a Gotham con le sue gesta e con le sue idee: quasi ci riesce, portando Dent ben oltre l’orlo di una pazzesca e disperata follia omicida. Ma il procuratore è “l’Eroe di cui abbiamo bisogno”: sarà il cavaliere oscuro a prendersi le colpe delle gesta folli di Dent, sarà lui ad essere braccato, in accordo con Gordon, perché lui “è l’eroe che ci meritiamo, ma non quello di cui abbiamo bisogno”. C’è bisogno di normalità e di persone perbene, per uscire dalla crisi, e non di misure e persone “speciali”: c’è bisogno della faccia buona di Harvey Dent, quella non sfigurata dal fuoco e dalla follia. Nolan dirige un film se possibile ancora più riuscito e denso del precedente Batman Begins, che nel corso della proiezione assume i contorni del dramma shakespeariano presentandoci di volta in volta dilemmi etici di grande profondità e non proprio tipici del blockbuster: il conflitto tra pubblico e privato, l’esercizio del potere e le tecniche di dominio, il concetto di identità. Gotham City incarna apertamente il nostro mondo “post 11 settembre”, dove tutto sembra lecito ai fini della sicurezza e nessuno sembra curarsene, un mondo che ha definitivamente barattato la propria piena realizzazione col vivere in una gabbia, ma al sicuro: il dramma è che non siamo lontani dal male, ma perfettamente nell’occhio del ciclone. L’orrore e la morte nascono dalla stessa civiltà che produce il benessere in modo così ampio e per molti: Joker è l’altra faccia della medaglia di Batman, Harvey Dent è ambedue le cose in una persona sola, un concentrato della società di cui è il prodotto, e la loro storia è la storia del potere, è una tragedia del potere, una tragedia di amore, morte, follia ed idealismo che incolla lo spettatore alla poltrona del cinema per le oltre due ore di proiezione. Nolan fa dunque centro anche con questo secondo capitolo della sua saga, lasciando da una parte la possibilità di un terzo capitolo, ma dall’altra anche una forte sensazione di completezza. Il suo Batman così dolorosamente realistico (in opposizione all’altrettanto bello, ma decisamente più “fantastico”, Batman di Burton ed a quello abortito, mal riuscito, fracassone, luminoso, insieme televisivo e fumettistico di Schumacher) parla anche un po’ di noi. E dato che sembra inevitabile parlarne: sì, il Joker di Heath Ledger è un magnifico cattivo, uno dei migliori, molto probabilmente all’altezza del precedente Joker di Nicholson del 1989. Non so se gli daranno un oscar postumo, ma vista la tendenza di Hollywood ad auto incensarsi è assai probabile che questo avvenga: ed almeno in questo caso non sarebbe un grave danno, tutt’altro.

7 Risposte a “Una riflessione su "The Dark Knight": la tragedia del Potere”

  1. peccato, non sono riuscito a vederlo, e ormai credo che non succederà fino almeno a metà agosto…

  2. complimenti per il post!

    ho visto anche io il film ieri sera e devo dire che sono d’accordo con tutto quello che dici!

  3. @simonebocchetta: guarda, vallo a vedere appena puoi, perchè credo ne valga davvero la pena. Nolan ha fatto un film ancora più personale rispetto al precedente Batman Begins, e oltre alla gioia per gli occhi ci sono altre cose che lo rendono molto interessante, come ho scritto!

    @skunkster: grazie per i complimenti! Se concordiamo… beh, sono contento, pensavo di aver scritto un post delirante!! eheheh!!

    @quentin84: grazie, vecchio mio. Guarda, questo film te lo consiglio davvero caldamente, come scrivevo anche poco fa: merita una visione. Ciao!!!

  4. beh andrò a vederlo.. anche se per batman ho sempre avuto una certa antipatia.

    hai visto ieri in tv il film NaPolA?

    preso dalla disperazione (il film era abbastanza forte almeno nei contenuti e dovevo crearmi una stanza di compensazione durante la pubblicità) ho visto anche spezzoni di tv7: invitati bersani sacconi e due giornalisti. ascoltare i destrorsi è inquietante, quando ho un po’ di tempo spiego perchè. a presto..

    tommaso

  5. @Tommaso: si, vai, è un ottimo film (dal punto di vista più prettamente tecnico) ma anche un film che, credo, fa riflettere. Io l’ho apprezzato, credo che potrai riuscirci anche tu, senza dubbio! 🙂

    No, il film che citi non l’ho visto, ieri sera son stato fuori casa a boccheggiare e a strimpellare la chitarra… l’estate arriva per tutti, prima o poi.

    Ah, aspetto che mi spieghi perchè è inquietante ascoltare i destrorsi… anche se un’idea già ce l’ho! 😉

    Ciao!!!

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