April Round-Up: un aprile con vista giugno e musica per curare l’anima

La rubrica dei Round-Up compie un anno (debuttava lo scorso 29 maggio 2020, al termine del lockdown) e, anche se parliamo del riassunto di aprile, in realtà, come da titolo, guardiamo per lo più al prossimo giugno. Uscirà proprio a giugno infatti (per la precisione, il 18) Peace or Love, l’album che segna il ritorno dei Kings of Convenience a distanza di 12 anni dall’ultimo lavoro, Declaration of Dependence, del 2009: ad anticiparlo giunge, proprio sul filo di lana del 30 aprile, questo primo singolo, Rocky Trail. Le atmosfere rimandano istantaneamente alla memoria il folk lieve che ha reso celebre il duo proveniente da Bergen, composto dall’ineffabile Erlend Øye (ormai siciliano d’adozione) e da Eirik Glambek Bøe: echi di Misread, chitarre in primo piano, bordoni di archi e intrecci vocali caldissimi, accompagnati da un video pieno di colori (e che non manca di strizzare simpaticamente l’occhio all’aria da secchione di Øye, che è sempre un bel personaggio). Niente di nuovo sotto il sole, forse: però per me i KoC restano anche quelli di un concerto-evento a Bologna al quale non sono mai riuscito ad andare, nel Novembre del 2015, coi biglietti che finirono in poco meno di mezz’ora dall’apertura del box office. Chissà, magari stavolta sarò più fortunato.

E sempre a giugno (ma il 25, e per la Brainfeeder del buon Flying Lotus) uscirà Mood Valiant degli Hiatus Kaiyote, di cui abbiamo già parlato nello scorso Round-Up. In questo mese di aprile la band australiana ha dato alle stampe il secondo singolo estratto, Red Room: una ballad notturna, crepuscolare, fatta di bassi quasi subsonici, un drumming minimale, piccoli strappi delle chitarre e un piano elettrico elegante, letteralmente dominata dalla voce sempre magnetica di Nai Palm. Anche questo biglietto da visita, a breve distanza dal primo singolo Get Sun, lascia presagire un album di grande valore, e a noi non resta che pazientare.

Giugno è anche il mese in cui vedrà la luce il primo lavoro solista di Michael League, mente e basso dei miei adorati Snarky Puppy: Right Where I Fall è il primo singolo estratto da So Many Me, questo il titolo del lavoro, anche questo in uscita il 25 giugno. Right Where I Fall è un fulminante episodio di un pop elegante e sofisticato, con un ritornello che ha una sequenza armonica che rimanda un po’ alla mente certe composizioni della main band, guidato dal piano Wurlitzer e cadenzato da un basso di gran classe. In un colpo solo, un manifesto musicale e una dichiarazione d’intenti, con l’artista che si offre indifeso al pubblico mostrando una delle sue facce meno note (la sensibilità autoriale, in particolare, che porta il buon Michael a metterci non solo la faccia, ma anche la voce). Grande curiosità per il resto, non serve nemmeno dirlo.

Per lasciare un attimo Giugno e tornare su aprile, restando però sempre in orbita Snarky Puppy, il 16 è stato pubblicato l’ultimo lavoro di Mark Lettieri (già chitarrista nell’ensemble capitanato dal buon Michael League di cui al paragrafo precedente), intitolato Deep: The Baritone Sessions Vol. 2, che vede il nostro dilettarsi alla chitarra baritona, uno dei suoi strumenti d’elezione: il singolo Magnetar accompagna l’album, col contributo di Adam Deitch alla batteria e di Shaun Martin alle tastiere, ed è un concentrato di potenza sonora, funk travolgente, sperimentale e contemporaneo, impreziosito dal tocco inconfondibile del chitarrista californiano. Sparatela a tutto nelle cuffie, o meglio ancora in cassa: i vicini non lo sanno ancora, ma vi saranno grati.

Mi piacerebbe intitolare questo paragrafo When California meets Krautrock, perché c’è anche questo sul piatto nel nuovo lavoro di Woody & Jeremy (ovvero, il Maestro Woody Goss e il sodale Jeremy Daly, paroliere buffo e stralunato): un po’ Can e un po’ rock psichedelico, claustrofobica e ossessiva, Distant Lands fa crescere ulteriormente l’attesa per Gravy In My Coffee, anch’esso in uscita a giugno (il 4, per la precisione). La portata, come detto, incuriosisce, e lascia intendere che tutto il menù sarà parecchio gustoso: qui sono notevoli soprattutto gli intrecci delle chitarre elettriche di Ben Joseph e Noam Wallenberg, la performance vocale (distaccata e, al solito, autoironica) di Daly e, ovviamente, il basso continuo e trascinante di Andrew Vogt.

Questo pezzo viene invece da un progetto un po’ particolare, condotto dalla bassista e cantante americana Esperanza Spalding, intitolato Songwrights Apothecary Lab: nato dall’esperienza di insegnamento ad Harvard della Spalding, questo laboratorio sperimentale si propone (per farla breve) di ricercare nella musica una possibilità di “cura”; per usare le parole della stessa Spalding, “seeks to respectfully dip into the healing seas of music/musicianship/song, and distill a few grains of piquancy which carry the life-renewing flavor of the unfathomable ocean of human resiliency, then work those grains into new musical formwelas, to enhance the healing flavors and intentions innate in all works of devoted creatorship”. Musica come luogo di cura dell’anima, quindi: questa Formwela 3 (terzo capitolo di Triangle, una meravigliosa suite di tre movimenti, che trovate cliccando QUI) risponde proprio a questo scopo, ed è un jazz delicato, governato dalla voce meravigliosa della Spalding e dal suo contrabbasso, contrappuntato efficacemente dal piano di Leo Genovese e dai synth di PHOELIX, incalzato dal drumming discreto e puntuale di Justin Tyson e impreziosito nel crescendo finale dal sax di Wayne Shorter (uno che, qualsiasi nota emetta, un po’ bene all’anima lo fa sempre). Per decomprimere un po’, e soprattutto lasciarsi accompagnare dentro uno stato di pace e bellezza, vi lascio questo brano come ultimo regalino di questo Round-Up. If one of my friends is ill, I’d like to play a certain song and he will be cured, diceva John Coltrane; us too, rispondono Esperanza Spalding e il suo Songwrights Apothecary Lab.

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