December Round-Up: nostalgiche drum machine ed echi di surrealismo

Anticipiamo il consueto Round-Up mensile per piazzare una tre giorni di post in qualche maniera riepilogativi: alle nostre impressioni di dicembre seguirà, domani, il classico appuntamento con il best of del 2020, un anno che ce l’ha messa proprio tutta per non essere dimenticato tanto in fretta, e venerdì 1 Gennaio un post speciale orientato ai suoni di basso che mi hanno ispirato maggiormente nel corso di questi 12 mesi che volgono a conclusione. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi: di seguito 4 cose belle lasciateci in eredità da questo mese di dicembre!

Bisogna riconoscere (per onestà intellettuale) che il secondo album di Dua Lipa, Future Nostalgia, uscito all’inizio di questo anno folle, è un bel disco. Certo, è un disco di pop music, con tutti i limiti che questo comporta: eppure è un disco scritto bene, arrangiato meglio, con composizioni che pescano a piene mani da quella nostalgia un po’ passatista (il titolo Future Nostalgia è azzeccatissimo e non giunge a caso), nei suoni e nei contenuti, che negli ultimi anni, tanto per fare un nome, ha condotto a prodotti di valore assoluto come per esempio quel Random Access Memories dei Daft Punk che tanti hanno apertamente apprezzato (con un minore senso di colpa, magari, perché trattavasi in quel caso di due musicisti maschi, un po’ nerd, dediti a quella che agli alternativi di tutto il mondo piace chiamare [trattenete gli orgasmi, se potete] “musica di ricerca”, declinata in tal caso col recupero delle sonorità dance classiche, e non di una popstar planetaria: sì, sto malignando, ma com’è che si dice? A pensar male si fa peccato, ma nove volte su dieci ci s’azzecca). Io sensi di colpa non ne ho, non ho bisogno di giustificare niente dei mie gusti e, soprattutto, non vedo la lesa maestà nel riconoscere come la ragazza sappia il fatto suo, abbia una bella voce e la sua musica, nel complesso, tenga botta: in questo Tiny Desk (Home) concert, registrato da “casa”, la nostra mette insieme un bel gruppo (sugli scudi gli strumentisti, ovvero il bassista Matthew Carroll e il chitarrista Alex Lanyon, ma anche coristi e coriste ci mettono del loro) e rilegge quattro brani pescati appunto da Future Nostalgia, Levitating (probabilmente il pezzo migliore dell’intero album), Pretty Please, una versione acustica e intimista di Love Again e il singolo spacca-classifiche Don’t Start Now. E tutto bello e tutto di alta qualità, tanta roba, in sostanza, però ora vorrei avanzare una petizione a NPR: e fatelo un Tiny Desk dei Vulfpeck, perdio!

Ceci n’est pas une pipe, e ci potete scommettere che la ghigliottina di cui parla questo brano in realtà non è una ghigliottina: dopo un lungo silenzio, con un solo disco (lo splendido Lament, del 2014) a seguire l’ultimo album di studio Alles Wieder Offen (2007), la band di Blixa Bargeld è tornata quest’anno con Alles in Allem, pubblicato lo scorso maggio e di cui parlavamo qui. Ci sarebbe stato tempo per un tour, annunciato ma in seguito (ovviamente) falcidiato dalla pandemia: il rinvio di tutte le date all’anno prossimo non ha comunque impedito la pubblicazione di questo nuovo singolo, La Guillotine de Magritte, che giunge come una parziale ricompensa per la lunga attesa: “I’m sorry for my after life/ I’ve never changed it yet/ This delinquent is not yet ready/ For Magritte’s guillotine”, recita il vocione di Blixa, adagiato sulla consueta complessità e sottigliezza ritmica, a creare un affresco insieme inquietante e affascinante (come inquietante e affascinante è il video, che vi lascio qua sotto).

Quando si fanno i nomi di Burial, o di Four Tet o ancora di Thom Yorke, solitamente le orecchie dell’appassionato si drizzano; se questi nomi vengono fatti addirittura insieme, ecco che arriva l’acquolina in bocca. Considerate che sono trascorsi quasi dieci anni dall’ultima collaborazione di questo trio (correva il 2011 e il singolo conteneva le due tracce Ego e Mirror, curiosi e seminali esperimenti dance), e a questo punto il ritorno a sorpresa avvenuto all’inizio di dicembre ha tutti i crismi per essere considerato un momento storico. Il singolo che ci ritroviamo tra le mani (ahinoi solo metaforicamente, perché le pochissime copie fisiche stampate in edizione limitata sono andate a ruba in pochi minuti) contiene i brani Her Revolution e His Rope. Basta poco per capire come i territori lungo i quali si snodano questi 10 minuti di musica siano assai diversi da quelli di Ego/Mirror: molta meno dance, panorami astratti e desertici, ritmiche che si potrebbero definire trip-hop, il tutto condito da quel sound sporco e cinematico che abbiamo imparato ad amare nelle produzioni del buon William Bevan. Her Revolution campiona un pattern ritmico che sembra proprio quello di Teardrop dei Massive Attack (mi torna in mente lo splendido singolo collaborativo tra Burial e la band di Bristol, Four Walls/Paradise Circus, anche questo uscito nel lontano 2011), sovrapponendoci un’armonia dai sapori mediorientali che invece pesca a piene mani dal sound di Kieran Hebden; anche la ritmica ossessiva di His Rope, cassa molto più dritta e sovrapposta stavolta a armonie vocali che richiamano certe scelte compositive tipiche dei Radiohead, sembra uscire di peso dalle suggestioni offerte da Mezzanine. Poco altro si può aggiungere sulla voce di Thom Yorke, piena come sempre di fragilità e mille fantasmi. Forse Her Revolution/His Rope non porta niente di nuovo sotto al sole, ma contiene di sicuro tanta bella roba e il suo suono oscuro e ombroso intesse un’atmosfera che sembra proprio quella, magica, di Untrue.

Ben “Smiley” Silverstein è un tastierista e producer americano, e questo Special è il suo secondo singolo di un album a venire: per l’occasione, Silverstein (che si firma con lo pseudonimo di Smile High) ha chiamato a sé un interprete d’eccezione, una di quelle voci assolute che fa sempre bene ascoltare, ovverosia Sua Maestà Antwaun Stanley. Il buono Antwaun steviewondereggia con la consueta eleganza sui saliscendi di Special, irresistibile (e fulmineo) brano un po’ funk e molto R&B, che mette il giusto appetito per i pezzi a venire e promette decisamente bene, anzi benissimo. Di seguito, un estratto dal brano completo, che potete comunque ascoltare nella sua interezza (in questo video promozionale ne manca circa un minuto e mezzo) su Spotify (vabbè, ve lo lascio poco più sotto così fate meno fatica).

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