Hipster eminenti e gatti metamorfici: Feelin’ Groovy/ Toronto Broadcast 2006 (Donald Fagen, 2023)

Non fai in tempo a parlare di ogni nuova uscita di Donald Fagen (o degli Steely Dan) come di un evento eccezionale, che nel giro di un paio di settimane ti arrivano in rapida sequenza due live album nuovi. A The Western World New York Broadcast 2006, registrazione live di Donald Fagen pubblicata lo scorso 17 ottobre dall’etichetta Gossip e della quale parlavamo qui, ha fatto seguito infatti appena una decina di giorni dopo Feelin’ Groovy/ Toronto Broadcast 2006, anch’esso riproposizione di una data live tenuta nel corso dello stesso tour. Apparentemente quest’ultima registrazione era già stata pubblicata dall’etichetta Good Ship Funke, specializzata in edizioni non ufficiali, nel settembre del 2020 (si trova qualche riferimento in rete), ma di sicuro è ricomparsa lo scorso 27 ottobre sui principali canali di streaming. Abbiamo quindi a che fare con un bootleg, ma di altissima qualità: sia questa registrazione che quella di The Western World nascono infatti come live broadcast, ovvero trasmissioni via radio di eventi dal vivo. Se il live di The Western World risaliva alla data del 7 marzo 2006 al Beacon Theater di New York, Feelin’ Groovy immortala piuttosto la performance tenuta da Fagen e dalla sua band a Toronto la settimana successiva, il 13 marzo 2006, ovvero all’immediata vigilia della pubblicazione del suo terzo album solista, Morph the Cat (datata 14 marzo: le date del Beacon Theater e di Toronto erano entrambe parte del tour promozionale per il nuovo album).

Come potrete facilmente immaginare, non c’è alcuna differenza nella line-up di musicisti che accompagna il buon Donald sul palco: ritroviamo così Jon Herington e Wayne Krantz a spartisti le linee (e i soli) di chitarra elettrica, Walt Weiskopf al sax tenore e Micheal Leonhart alla tromba, Cindy Mizelle e Carolyn Leonhart ai cori, Jeff Young alle tastiere, il monumentale Freddie Washington al basso elettrico e il buon Keith Carlock alla batteria. Qualche differenza notevole (che è anche il motivo per il quale ne stiamo riparlando) la si trova invece nella scaletta del live. Feelin’ Groovy/ Toronto Broadcast 2006 presenta infatti 17 tracce, quindi una in più rispetto a The Western World e soprattutto, a differenza di quest’ultimo, va a pescare nel secondo, bellissimo album solista di Fagen, Kamakiriad (del 1993) oltre a riproporre un’autentica chicca direttamente da Aja (capolavoro degli Steely Dan, ma che ve lo dico a fare?).

Anche qui a fare la parte del leone sono (manco a dirlo) i brani tratti da The Nightfly: la scaletta si apre infatti su un terzetto di episodi tratti dal capolavoro del 1982, ovvero una versione agguerrita di Green Flower Street, l’irresistibile groove della titletrack (e le sue deviazioni squisitamente jazz), nella quale Fagen veste con la consueta classe da crooner consumato i panni affabulatori dell’affascinante speaker radiofonico Lester The Nightfly, e infine quel capolavoro ucronico e fanta-pop che risponde al titolo di New Frontier. Il primo brano estratto da Morph the Cat arriva in coda a questo poderoso trio d’apertura, e si tratta della bellissima Brite Nitegown, altro funk in pieno stile Fagen ispirato a una celebre frase di W.C. Fields che nella sua autobiografia definì la morte con l’epiteto di “the fellow in the brite nightgown”: in grande evidenza le voci di Mizelle e Leonhart e gli svolazzi dei fiati sopra l’incastro ritmico messo in moto con feel irresistibile da Washington e Carlock, e le chitarre inacidite che si ritagliano minacciosi momenti solisti. Il titolo del live album arriva direttamente da una battuta che Fagen rivolge al pubblico, dal quale arriva la domanda “How are you feeling Donald?”, e che si può ascoltare nella presentazione della band che prelude al primo brano estratto da Kamakiriad, ovvero la bellissima Snowbound. Il mood si fa rilassato, con la voce di Fagen, accompagnato nei saliscendi da Mizelle e Leonhart, a scivolare sinuosamente sui bassi poderosi di Washington: Snowbound era probabilmente uno degli episodi migliori di un disco già tutto ben sopra la media come Kamakiriad, e anche in questa riproposizione live non delude affatto. A Snowbound fa seguito una coppiola di estratti da Aja, ovvero l’immortale Home at Last (già ascoltata anche in The Western World, qui però introdotta da una gustosa divagazione pianistica e con un Carlock che si difende più che dignitosamente nel riproporre il leggendario half-time shuffle di Sua Maestà Bernard Purdie, per non parlare degli interventi solisti di Leonhart alla tromba e delle chitarre) e soprattutto una deliziosa riproposizione del brano che apriva il capolavoro dei Dan del 1977, ovvero Black Cow, la chicca di cui parlavo poc’anzi, uno di quei pezzi che valgono una discografia intera (strepitoso il solo di organo). Fagen ritorna quindi a Morph the Cat con What I Do, onirico omaggio a Ray Charles (e ai suoi non meglio specificati dating advices) che indirizza la performance verso vibrazioni decisamente bluesy, prima di visitare ancora The Nightfly attraverso le vibe spionistico-caraibiche di una The Goodbye Look in versione extra-large, con un sacco di spazio per le divagazioni degli strumentisti, e andare infine a pescare il secondo estratto da Kamakiriad, ovvero Countermoon. Altro brano di altissimo livello, Countermoon incede irresistibilmente sospesa tra funk grondante groove e uno spirito da ballad R’n’B con fortissimi accenti jazz (ulteriormente rafforzati dal lavoro dei fiati), incernierata su un’altra strepitosa performance di Freddie Washington al basso. Se in The Western World era un duetto con Martha Wainwright a costituire la sorpresa della scaletta, stavolta Fagen delizia il suo pubblico ripescando un gioiellino composto da Charlie LaVere, Misery and the Blues, già inciso dal trombonista Jack Teagarden nell’omonimo album Mis’ry and the blues, pubblicato nel 1961 per la Verve: Walt Weiskopf guida il brano esponendone il tema, mentre Fagen si cala nelle vesti del crooner blues (Blues in the morning, misery in the evening/ Meet the saddest man you ever knew/ Got my share of sorrow, same ol’ thing tomorrow/ Since you’ve gone the dawn is always overdue), assai più vicine di quanto si potrebbe credere a quelle di Lester The Nightfly. A Misery and the Blues segue un altro pezzo tratto da Morph the Cat (ma assente in The Western World), ovvero la misteriosa ballad Mary Shut the Garden Door, scavata da bassi profondissimi e accompagnata da accordi sospesi del piano elettrico. Per la parte finale della scaletta, Fagen torna a pescare da The Nightfly (per la quinta volta, tanto lì come scegli caschi sempre bene) estraendo dal cappello il retro-pop nostalgico della splendida I.G.Y., e poi inanella altri due classici degli Steely Dan, tra i preferiti del pubblico, ovvero FM e Pretzel Logic (quest’ultima già come encore) per chiudere anche in questo caso con la cover di Viva Viva Rock’n’Roll di Chuck Berry, divertissement finale perfetto per infiammare gli astanti e accompagnare la serata alla sua conclusione.

Per Feelin’ Groovy/ Toronto Broadcast 2006 si potrebbero spendere più o meno le stesse parole usate per sintetizzare The Western World (i due live sono chiaramente molto interconnessi tra loro). La prima sensazione che si ha è quella di una band in stato di grazia, capace di trasformare in oro qualsiasi cosa tocchi; ma, soprattutto, si avverte tangibile il divertimento che sprigiona dal palco. Feelin’ Groovy andrebbe studiato come un trattato sulla capacità di rilassarsi sulla musica e lasciarsi trasportare: senza alcuno sforzo apparente, Donald Fagen e la sua band cavalcano quasi due ore di musica con un relax e un piglio che non sono comuni, affrontando partiture a dir poco complesse e articolate e, nonostante il complessivo rispetto per gli originali, ritagliandosi anche importanti spazi di improvvisazione e rilettura (penso agli assoli, ma anche alle “estensioni” che espandono molti dei brani verso territori marcatamente jazz, come nell’intro di Home at Last o nella coda di The Nightfly). Feelin’ Groovy è, al pari di The Western World, un documento prezioso dell’opera di uno dei maggiori cantautori americani della seconda metà del secolo scorso: Donald Fagen è stato autore (spesso insieme al sodale e amico di una vita Walter Becker, ma anche in proprio, come dimostra la qualità stellare dei soli quattro album solisti pubblicati nel corso di una carriera quarantennale) di alcuni tra i brani più iconici della storia del rock americano e mondiale, e la ricerca sui suoni che ha condotto in studio ha prodotto album la cui qualità costituisce tuttora un banco di prova per gli impianti stereo Hi-Fi (di nuovo, riascoltatevi The Nightfly). Nella speranza di poter presto ascoltare qualcosa di nuovo (un quinto album solista? Perché no, in fondo da Sunken Condos sono già trascorsi 11 anni), Feelin’ Groovy (insieme a The Western World) è uno di quegli album da non smettere mai di ascoltare per godere della miglior musica in circolazione, suonata dai migliori musicisti: un piacere per le orecchie, e ogni tanto bisogna pur viziarsi un po’.

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